Un quadro drammatico dello stato dei corpi idrici del Belpaese è tracciato dal Censimento delle acque per uso civile 2018 che certifica l’aumento delle perdite in distribuzione: il 42,0% del volume immesso in rete. Seguono altri dati significativi. Nel 2018, operavano in Italia 2.552 gestori di servizi idrici, 305 in meno rispetto al 2015, ma la gestione risultava ancora fortemente frammentata. I prelievi di acqua per uso potabile erano in calo per la prima volta negli ultimi vent’anni (-2,7% rispetto al 2015). L’87% del volume movimentato nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile era gestito da enti specializzati, mentre risultava assente il servizio pubblico di fognatura in 40 Comuni, soprattutto nel Mezzogiorno. 215 i litri di acqua potabile erogati ogni giorno per usi autorizzati nelle reti comunali di distribuzione. Nel 2015 erano 220. 18.140 Gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane, mentre 339 Comuni risultavano privi di servizio pubblico di depurazione interessando circa 1,6 milioni di residenti.
Indubbiamente, il Censimento delle acque per uso civile restituisce una fotografia dettagliata della gestione della filiera pubblica delle risorse idriche (dal prelievo di acqua per uso potabile alla depurazione delle acque reflue urbane) dei servizi idrici attivi sul territorio comunale e delle infrastrutture idriche presenti in Italia. Non a caso, le unità rispondenti al Censimento sono tutti gli enti gestori dei servizi idrici operativi nel 2018, ultimo anno di riferimento dei dati presentati nel report, dal cilindro del quale piovono dati e cifre senza soluzione di continuità. Ancora frammentata, ad esempio, la gestione del servizio idrico in alcune aree del Paese. I gestori che operavano in Italia nel campo dei servizi idrici per uso civile nel corso del 2018erano 2.552; nell’83,0% dei casi si tratta di gestori in economia (2.119), ovvero enti locali, e nel restante 17,0% di gestori specializzati (433). Rispetto al 2015, il numero dei gestori si è ridutto di 305 unità, confermando il trend in calo cui si assiste dal 1994, anno della riforma che ha dato l’avvio al servizio idrico integrato e che, nel periodo 2015-2018, ha interessato in particolar modo alcuni territori, tra cui le province di Varese, Imperia e Rieti. Sebbene il numero di gestori attivi nel settore si sia molto ridotto (7.826 nel 1999), persiste una spiccata parcellizzazione gestionale, localizzata in alcune aree del territorio dove la riforma non è ancora stata completamente attuata, come in Calabria, Campania, Molise, Sicilia, Valle d’Aosta e nelle province autonome di Bolzano e Trento. In particolare, l’approvvigionamento di acqua per uso potabile era gestito da 1.714 enti, l’80,2% dei quali opera in economia (1.374). Rispetto al 2015 il numero di gestori operativi in questo settore si è ridotto di 163 unità.
Nella maggior parte dei casi (96,1%) l’ente gestisce l’intero flusso delle acque potabili, dal prelievo alla distribuzione agli utenti finali. Ci sono inoltre enti che si occupano unicamente del prelievo di acqua che viene poi ceduta ai gestori della distribuzione: da un lato si tratta di grandi gestori di sovrambito e grossisti di acqua per uso potabile e, dall’altro, di piccoli consorzi, imprese e associazioni, attivi in alcune aree del territorio, soprattutto nella provincia autonoma di Bolzano e in Sicilia. Le reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile serano gestite da 2.088 enti. Nell’85,1% dei casi si tratta di gestori in economia (1.777) e nel restante 14,9% di gestori specializzati (311). Rispetto al 2015 c’è stata un’importante riduzione del numero degli enti (-218 unità) che ha riguardato quasi interamente le gestioni in economia. La fognatura comunale, gestita da 2.263 enti, è il servizio idrico con il più alto numero di gestori e in cui si ha la maggiore quota in economia (2.065, pari al 91,3%). Rispetto al 2015, si ha una riduzione degli enti di 287 unità. Al contrario, la depurazione delle acque reflue urbane è il servizio con il minor numero di enti gestori, 1.451 nel 2018, in diminuzione di 21 unità rispetto al 2015. Nell’83,0% dei casi sono gestori in economia (1.204) e nel restante 17,0% gestori specializzati (247).
Fonte: Istat