L’economia circolare in Italia si attesta oggi su qualcosa come 88 miliardi di fatturato, 22 miliardi di valore aggiunto (l’1,5% del valore nazionale). Cifre che possono essere rapportate a quelle del settore energetico o assimilabili a quelle del settore agricolo. Un ambito in crescita che impiega circa 580.000 lavoratori e che diviene ogni anno più competitivo. Sono questi alcuni degli elementi contenuti nella ricerca: “L’Economia Circolare in Italia – la filiera del riciclo asse portante di un’economia senza rifiuti”, presentata ieri a Roma e curata dall’esperto ambientale Duccio Bianchi di Ambiente Italia, a seguito dei lavori svolti dal Gruppo Riciclo e Recupero del Kyoto Club, l’organizzazione no profit nata nel febbraio del 1999, costituita da imprese, enti, associazioni e amministrazioni locali, impegnate nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra assunti con il Protocollo di Kyoto.
Il Report “conferma e sviluppa ulteriormente le evidenze formulate nel position paper di Confindustria pubblicato il mese scorso, ovvero che l’industria italiana registra, ormai da anni, performance eccellenti nell’uso efficiente delle risorse nelle sue varie declinazioni, sulla base dell’assunto che il concetto di economia circolare non può e non deve esaurirsi nella sola operazione di riciclo. – ha detto il direttore Area Politiche industriali di Confindustria, Andrea Bianchi – In questo senso, riteniamo che occasioni come la presentazione di questo studio possono rappresentare un ulteriore momento di confronto per evidenziare come sia opportuno porre in essere il giusto contesto normativo, tecnologico-impiantistico ed economico per “chiudere il cerchio”, affinché i nuovi obiettivi definiti a livello europeo e che l’Italia si dovrà traguardare siano uno stimolo a migliorare ulteriormente tali performance, confermando l’auspicio contenuto nel rapporto presentato oggi, ovvero che lo sviluppo dell’economia circolare comporta necessariamente una grande trasformazione industriale”.
La gestione del ciclo di vita dei prodotti e del ciclo di vita dei rifiuti, sottolinea lo studio, sono il cuore dell’economia circolare, tanto che essa non riguarda solo quanto succede dopo la produzione e il consumo di un bene, ma parte dalla progettazione a monte di un sistema più efficiente riguardante l’uso delle risorse. L’economia circolare prevede innanzitutto che vengano utilizzate in modo massiccio le fonti e le risorse rinnovabili, elemento centrale della sostenibilità, e che chi produce e chi consuma diventi responsabile del ciclo di vita del prodotto. Comprende una forte capacità di innovazione e un design di prodotto fatto per durare, per essere disassemblato, differenziato e riciclato o riutilizzato nella sua interezza come nelle singole parti. La ricerca realizzata dal Conai con i Consorzi nazionali per il riciclo degli imballaggi (Cial, Comieco, Corepla, Ricrea, e dal Gruppo Cap, il gestore del servizio idrico della Città metropolitana di Milano) presenta diversi approfondimenti che ben disegnano il nostro sistema industriale, produttivo e sociale, rivolto sempre più alla sostenibilità e alla circolarità.