E’ la resina di pino l’elemento chiave nell’utilizzo della pavimentazione di asfalto riciclato. Un caso studio viene da Rotterdam dove si sperimenta per la prima volta una pista ciclabile di asfalto riciclato al cento per cento. Ed è in quest’ultimo dato l’eccezionalità dell’iniziativa.
Per la realizzazione della ciclovia olandese è utilizzato solo materiale di riciclo (RAP) in ciascuno dei tre strati di cui si compone la pavimentazione stradale. Al progetto lavorano congiuntamente una ditta di infrastrutture locale, la KWS Infra, specializzata in asfalti e l’azienda americana Chemical, specializzata nella produzione e nella bioraffinazione del tallolo: un liquido viscoso, di colore cangiante che va dal giallo al marrone scuro (quasi nero) ottenuto come sottoprodotto del processo di lavorazione dell’essenza del legno di pino.
La resina di tallolo viene solitamente usata come componente di prodotti adesivi, gomme e inchiostri, nonché come emulsionante. Per centinaia di anni la linfa di pino è stata adoperata per sigillare gli scafi delle navi ed impiegata in diversi solventi. Oggi però alle sostanze chimiche del pino derivate dal tallolo grezzo (CTO) sono state attribuite proprietà che funzionano benissimo se miscelate al bitume dell’asfalto invecchiato. Un insieme di test eseguiti hanno dimostrato maggiore “ammorbidimento” del legante dell’asfalto riciclato; migliore resistenza alla formazione di fessure a bassa temperatura; migliore fibra alla pressione; buone prestazioni ad alte temperature e miscibilità compatibile. E se il tallolo viene aggiunto alle miscele contenenti RAP in percentuali non utilizzate normalmente (50% e 75%), il prodotto riporta il conglomerato bitumoso alla qualità della miscela vergine.
L’additivo ricavato dal tallolo, insomma, sembra funzionare meglio di ogni altro emulsionante utilizzato finora nel riciclo dell’asfalto. Diverse prove di laboratorio che usano questo agente “ringiovanente” hanno avuto successo impiegando il 70% dell’asfalto recuperato nella miscelazione, ma risultati ancor migliori sono attesi dall’esperienza olandese che ha impiegato il cento per cento di pavimentazioni recuperate.
Un altro aspetto rilevante di questa sperimentazione è correlato ad una maggiore sostenibilità. Di solito infatti le pietre, la sabbia e gli altri aggregati devono essere estratti, frantumati, setacciati, trasportati negli stabilimenti di miscelazione dell’asfalto e legate chimicamente dal prodotto ricavato dalla distillazione del petrolio. Durante la manutenzione e la ricostruzione, il RAP è generato in fase di fresatura o di rimozione degli strati di manto stradale esistenti, trasportato poi nelle discariche con conseguenze ambientali altamente inquinanti. Una valutazione del ciclo di vita (life cycle assessment) eseguita da una società di consulenza, la D. Little, ha dimostrato invece che il conglomerato bituminoso contenente un’alta percentuale di asfalto riciclato con l’aggiunta del tallolo produce un’impronta di carbonio notevolmente minore rispetto alla miscela vergine o a quella contenente basse percentuali di RAP.
Sono moltissime le agenzie di trasporti e le imprese che chiedono prestazioni innovative ad un prezzo contenuto, mentre altri stakeholders cercano processi sostenibili che riducano l’impatto ambientale. A questo proposito la best practice di Rotterdam può fare scuola, tanto che si potrebbe dire: siamo sulla buona strada.