La Commissione europea ha pubblicato una nuova relazione da cui risulta che gli Stati membri nel tempo hanno compiuto sforzi notevoli per contrastare le pressioni cui è sottoposto l’ambiente marino. Misure significative, ma non ancora sufficienti, per ottenere mari puliti, sani e produttivi entro il 2020. La relazione riguarda l’attuazione della direttiva quadro dell’Ue sulla strategia dell’ambiente marino e valuta le misure messe in atto fino ad oggi per conseguire un “buono stato ecologico” entro il 2020. Secondo la direttiva, ogni Paese dovrà istituire strategie della durata di sei anni con cui valutare la qualità delle proprie acque marine. Il concetto è definito attraverso misure tese a preservare la biodiversità e a fronteggiare pressioni quali lo sfruttamento eccessivo degli stock ittici, i danni ai fondali marini, i rifiuti e i contaminanti.
Karmenu Vella, commissario per l’Ambiente, gli affari marittimi e la pesca, ha detto: “I mari e gli oceani sono capitali per il benessere del nostro pianeta, non possiamo permetterci compromessi sulla loro conservazione. Per questo l’Ue conduce una delle politiche sull’ambiente marino fra le più ambiziose al mondo. In questi ultimi anni gli Stati membri si sono impegnati notevolmente per garantire un uso e una gestione sostenibile delle risorse marine, e in questo si sono affidati molto alla cooperazione regionale”.
Sul pianeta sono presenti circa un miliardo e mezzo di metri cubi di acqua, il 97% dei quali costituito da acqua salata dei mari e il restante 3% costituito da acqua dolce sotto forma di laghi, fiumi, ghiacciaie acque sotterranee. L’inquinamento marino è principalmente di origine terrestre, assai spesso conseguenza dell’immissione di acqua di scarico e di affluenti industriali nei fiumi, che poi portano le sostanze inquinanti al mare.
Una fonte d’inquinamento di origine marina è quella che deriva dagli idrocarburi, essenzialmente delle petroliere, che alcune volte riversano grandi quantità di greggio nelle acque. Tra i diversi tipi di degrado vi è quello civile, che deriva dagli scarichi delle città quando l’acqua si riversa senza alcun trattamento di depurazione nei fiumi o direttamente nel mare; quello industriale che è formato da sostanze diverse derivanti dalla produzione industriale; quello agricolo legato all’uso eccessivo e scorretto di fertilizzanti e pesticidi, che essendo generalmente idrosolubili, penetrano nel terreno e contaminano le falde acquifere. Alcune sostanze chimiche presenti nell’acqua, come ad esempio alcuni metalli (cromo, mercurio) o composti quali i solventi clorurati, sono particolarmente pericolose per la salute dell’uomo e per la sopravvivenza di numerose specie viventi. Avendo ben chiaro questo quadro d’insieme occorre portare avanti nuovi programmi per una strategia generale di sviluppo sostenibile che protegga efficacemente le acque marine, soprattutto nelle aree di maggiore vulnerabilità.