La raccolta differenziata è l’asse portante di un moderno e sostenibile servizio di gestione dei rifiuti urbani. Diverse esperienze lo confermano. Una specialmente, quella condotta dalla città di Treviso, che si sta dimostrando particolarmente innovativa sotto diversi aspetti. In primo luogo, quello occupazionale. Fino al 2013, il Comune aveva alle dipendenze 58 operatori della nettezza urbana. Successivamente è passato a un modello spinto di raccolta differenziata (già sperimentato da anni nel resto della provincia), ha assunto altre 28 persone. E senza aumentare la tassa sulla spazzatura. Un vero e proprio “miracolo”, esaltato da molti esperti del settore. L’altro miracolo trevigiano lo illustra Paolo Contò, direttore del Consiglio di bacino Priula, l’organismo che raccoglie i 50 Comuni della riva destra del Piave per la gestione della spazzatura. “Nella nostra zona ogni cittadino produce 40-45 chili all’anno di rifiuto secco indifferenziato, quello che non si può riciclare – spiega Contò -. La media italiana è 270-300 chili all’anno, con punte fino a 400 in Sicilia. Ogni famiglia da noi paga 180-190 euro all’anno di tassa della spazzatura, contro una media italiana di 300”. Tutto ciò è possibile perché “ogni famiglia ha i suoi contenitori per il secco indifferenziato, l’umido, la carta, il vetro-plastica-metallo – aggiunge – Ogni tipo di rifiuto viene raccolto in un giorno stabilito. La sera prima il bidone pieno va lasciato fuori casa, anche nei condomini. Ogni bidone ha un chip che segnala la famiglia di provenienza e l’avvenuto svuotamento. In questo modo Contarina, l’azienda pubblica che gestisce la raccolta nei Comuni, sa quanto volume di spazzatura e quanto peso produce ciascuna famiglia. Meno indifferenziato si produce, meno tassa si paga. Il 60% della tariffa è fisso, in base alla composizione del nucleo famigliare. Il restante 40% è variabile, a seconda di quanto non riciclabile si produce”.
I 560.000 cittadini del Priula così sono incentivati a fare la differenziata, che in provincia arriva all’85%. Un modello di successo, dunque, che però è stato preparato e gestito con cura negli anni prima di essere a pieno regime. Nel Trevigiano hanno cominciato nel 2001 ad applicarlo. La popolazione è stata sensibilizzata con una campagna pubblicitaria martellante, con opuscoli in tutte le case e 2000 lezioni all’anno nelle scuole. Dall’altra parte, l’azienda pubblica dei rifiuti Contarina ha preparato l’organizzazione per la raccolta e gli impianti di trattamento. Così, oltre ai cassonetti microchippati, in tutti i Comuni sono stati creati centri per la raccolta differenziata dei rifiuti più grandi (mobili, elettrodomestici, oli usati). Le discariche sono state chiuse e a Lovadina di Spresiano è stato costruito uno stabilimento per trasformare l’indifferenziato in Css (combustibile solido secondario), mandato a bruciare nei termovalorizzatori o nei cementifici fuori provincia. Sempre a Lovadina sono stati creati impianti per ripulire i rifiuti di carta, plastica e lattine da elementi estranei e rivenderli poi ai riciclatori. L’anno scorso, inoltre, è nata la prima fabbrica in Europa per il riciclo di pannolini e assorbenti. “Intorno a questi investimenti pubblici – conclude Contò – nel trevigiano è sorto un distretto industriale del riciclo. Ci sono aziende che producono gli impianti per il trattamento dei rifiuti e aziende che riciclano carta o plastica”.