Nel 2016, le emissioni di gas serra sono diminuite del 17,5% rispetto al 1990, passando da 518 a 428 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Il principale contributo alla diminuzione delle emissioni di gas serra negli ultimi anni è da attribuire alla crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e all’incremento dell’efficienza energetica nei settori industriali.
Questi sono solo alcuni dei dati contenuti nell’Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera dei gas serra, presentato il 15 maggio a Roma, dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per fornire sul tema, anche le proiezioni al 2030. Lo scopo del Rapporto è quello di analizzare i dati in modo da risultare uno strumento utile alla definizione di ulteriori politiche per la riduzione delle emissioni.
I settori della produzione di energia e dei trasporti sono responsabili di circa la metà degli inquinanti nazionali. Rispetto al 1990, i flussi di gas serra del settore trasporti sono aumentati del 2,4%, a causa dell’incremento della mobilità di merci e passeggeri. Si pensi che per il trasporto su strada, ad esempio, le percorrenze complessive (veicoli-chilometri) per le merci sono cresciute del 16%, e per il trasporto passeggeri del 19%.
Sempre rispetto al 1990, nel 2016 le emissioni delle industrie energetiche sono diminuite del 23,9%, a fronte di un aumento della produzione di energia termoelettrica da 178,6 Terawattora (TWh) a 198,7 TWh, e dei consumi di energia elettrica da 218,7 TWh a 295,5 TWh. Dall’analisi dell’andamento delle emissioni di CO2 per unità energetica totale, emerge che l’andamento delle emissioni di anidride carbonica negli anni ’90 ha seguito sostanzialmente quello dei consumi energetici. Negli ultimi tempi, invece, si è registrata una diminuzione delle emissioni e la sostituzione di combustibili a più alto contenuto di carbonio con il gas naturale sia nella produzione di energia elettrica che nell’industria oltre ad un incremento dell’utilizzo di fonti rinnovabili.
Nel periodo 1990-2016, le emissioni energetiche dal settore residenziale e servizi sono aumentate dell’4,5% a fronte di un incremento dei consumi energetici pari al 18,3%. Nel nostro Paese il consumo di metano nel settore civile era già diffuso nei primi anni ’90 e la crescita delle emissioni, in termini strutturali, è correlata all’aumento del numero delle abitazioni e dei relativi impianti di riscaldamento oltre che, in termini congiunturali, ai diversi fattori climatici.
Le emissioni del settore dell’industria manifatturiera sono diminuite del 48,6% rispetto al 1990, prevalentemente in considerazione dell’incremento nell’utilizzo del gas naturale in sostituzione dell’olio combustibile per produrre energia e calore e, per gli ultimi anni, a seguito del calo o della delocalizzazione delle produzioni industriali.
Per quel che riguarda il settore dei processi industriali, nel 2016 le emissioni sono diminuite del 58,1% rispetto al decennio precedente. L’andamento delle emissioni è determinato prevalentemente dalla forte riduzione delle emissioni di Ossido di diazoto – N2O (-92,0%) nel settore chimico, grazie all’adozione di tecnologie di abbattimento delle emissioni nella produzione dell’acido nitrico e acido adipico.
Nella gestione e nel trattamento dei rifiuti, le emissioni sono aumentate del 5,6%, principalmente a causa dell’aumento delle emissioni derivanti dallo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in discarica (+11,6%). Le emissioni del settore sono destinate a ridursi nei prossimi anni, attraverso il miglioramento dell’efficienza di captazione del biogas e la riduzione di materia organica biodegradabile in discarica grazie alla raccolta differenziata.
Gli inquinanti derivanti dal settore dell’agricoltura sono diminuiti del 13,4% tra il 1990 e il 2016. Tale riduzione è dovuta alla diminuzione dei capi allevati, in particolare bovini e mucche da latte, nonchè al un minor utilizzo di fertilizzanti azotati. Negli ultimi anni, inoltre, è stato registrato un incremento della produzione e raccolta di biogas dalle deiezioni animali a fini energetici, evitando emissioni di metano dallo stoccaggio delle stesse.
A questo punto occorre ricordare che entro il 2020 l’Italia dovrà ridurre le emissioni da tali settori del 13% rispetto al 2005. Un obiettivo che probabilmente verrà raggiunto poichè nel periodo 2013-2016, le emissioni di tali settori sono state pari in media a 272 Mt di CO2 equivalente contro un target al 2020 pari a 291 Mt di CO2equivalente.
Per quanto riguarda poi la riduzione delle emissioni inquinanti al 2030, sappiamo che il pacchetto “Unione dell’energia” prevede una riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra del 40% entro i prossimi dodici anni rispetto ai livelli del 1990. Per raggiungere il nuovo traguardo, i settori interessati dal sistema di scambio di quote di emissione (Ets) dell’Ue dovranno ridurre gli inquinanti del 43% (rispetto al 2005), mentre i settori non interessati dall’Ets dovranno contenere le emissioni del 30% (rispetto al 2005) e ciò dovrà essere tradotto in singoli obiettivi vincolanti nazionali per ciascuno Stato membro.
Per raggiungere gli obiettivi 2030, in accordo con gli ultimi scenari di proiezioni, l’Italia dovrà ridurre, rispetto al 2016, le emissioni di gas serra in questi settori di una quantità pari a circa 50 Mt di CO2 equivalente annui che, tanto per fare un esempio, corrisponde alla metà delle emissioni provenienti dal trasporto stradale.