Ieri il Consiglio dei ministri, su proposta del premier Paolo Gentiloni e del titolare dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, ha dato l’ok al Def tecnico 2018. Il Documento si compone di tre sezioni: programma di stabilità dell’Italia; analisi e tendenze di finanza pubblica; programma nazionale di riforma. Il Def è completato da alcuni allegati. A fronte dell’attuale momento di transizione caratterizzato dall’avvio dei lavori della XVIII legislatura, il Documento appena approvato non contempla alcun impegno per il futuro, limitandosi invece alla descrizione dell’evoluzione economico-finanziaria internazionale, all’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche per l’Italia e del quadro di finanza pubblica tendenziale che ne consegue. Il Parlamento trova quindi nel Def uno scenario aggiornato della situazione economica e finanziaria quale base per la valutazione delle politiche economiche e dei programmi di riforma che il prossimo esecutivo vorrà adottare.
Il Documento, nel suo insieme, consente una valutazione del percorso di risanamento delle finanze pubbliche operato durante la passata legislatura: il debito pubblico in rapporto al Pil è stato stabilizzato a partire dal 2015 dopo sette anni di incrementi consecutivi (dal 99,8% del 2007 al 131,8% del 2014), mentre il deficit è sceso costantemente dal 3,0% del Pil al 2,3% del 2017 (1,9% al netto degli interventi straordinari a tutela del risparmio e del credito). Al tempo stesso, è possibile rilevare un sostegno costante alla crescita, grazie al quale il Paese è uscito dalla recessione, registrando quattro anni consecutivi di progressi del Pil dallo 0,1% del 2014 all’1,5% del 2017.
Il tasso di disoccupazione è sceso dal picco del novembre 2013 (13,0%) all’11,2 del 2017, mentre il numero di occupati è aumentato di quasi un milione di unità dal punto più basso della crisi nel settembre 2013, di cui oltre la metà con contratti a tempo indeterminato. Per quanto riguarda il periodo di previsione preso in considerazione nel Def, le stime macroeconomiche contemplano una crescita del Prodotto interno lordo rispetto all’anno precedente pari a 1,5% nel 2018 e 1,4% nel 2019 e una riduzione del tasso di disoccupazione rispettivamente al 10,7% quest’anno e al 10,2% il prossimo.
Il sostegno alla crescita economica è atteso dall’impulso agli investimenti privati, in crescita grazie al miglioramento del clima di fiducia, della funzionalità dell’ambiente economico e delle agevolazioni fiscali, dall’accelerazione dei consumi privati, da un recupero degli investimenti pubblici in valore assoluto e in misura minore dalle esportazioni nette. Il ripristino di condizioni di credito più favorevoli a consumi e investimenti contribuisce alla ripresa economica, dopo gli interventi degli anni scorsi che hanno migliorato la governance nel settore bancario e risolto specifiche crisi.
Per quanto riguarda la finanza pubblica, il quadro tendenziale prevede una riduzione del deficit all’1,6% del Pil nel 2018 e allo 0,8% nel 2019, con l’avanzo primario in crescita rispettivamente all’1,9% e al 2,7%. Il debito pubblico è previsto scendere al 130,8% del Pil nell’anno in corso e al 128% l’anno prossimo. Dopo l’esercizio sperimentale dello scorso anno, il Def 2018 è corredato dagli “Indicatori di benessere equo e sostenibile”: si tratta di 12 indicatori di diverse aree che caratterizzano la qualità della vita dei cittadini relative a disuguaglianza, istruzione, salute, ambiente, sicurezza, etc. In esito alla sperimentazione relativa a 4 indicatori, a partire dal 2018 l’Italia è il primo paese dell’Unione europea e dei G7 a dotarsi di un set di indicatori di benessere in base ai quali misurare l’impatto delle politiche pubbliche, abitualmente valutato su pochi indicatori macroeconomici e di finanza pubblica, in primis il Pil.
Il quadro economico-finanziario prospettato nel Def, non avendo natura programmatica, contempla l’aumento delle imposte indirette nel 2019 e, in minor misura, nel 2020, previsto dalle clausole di salvaguardia in vigore. Come già avvenuto negli anni scorsi, questo aumento potrà essere sostituito da misure alternative con futuri interventi legislativi che verranno valutati dal prossimo governo.