Megalopoli – dal greco megápolis, “grande città” – è parola antica. Si chiamava così una città-Stato del Peloponneso, quella che aveva dato i natali allo storico Polibio, e che esiste ancora. Sorge nientemeno che in Arcadia, nome che evoca immagini di prati fioriti, di ruscelli gorgoglianti, di dolci climi e di serenità. Nel senso moderno, invece, megalopoli è un termine introdotto dal geografo Jean Gottman nel 1961 per indicare il complesso urbano formato da Boston, New York e Washington. Ma la definizione cambia continuamente e pone ormai interrogativi non più rinviabili.
Siamo sicuri che per il nostro Paese il modello della megalopoli sia l’unica strada possibile per favorire la crescita economica, l’innovazione tecnologica, lo sviluppo infrastrutturale e la qualità della vita?
Il Congresso Nazionale IN/ARCH ha posto proprio questo tema: qual è il modello insediativo migliore per le città italiane? Le megalopoli stanno mostrando i propri limiti a livello ambientale e sociale, e quindi forse, proprio l’Italia, dove questa tipologia non è ancora sviluppata, potrebbe essere il terreno migliore per indagare un modello insediativo alternativo. Ne hanno discusso forza politiche, economiche e culturali del nostro Paese.
Sono intervenuti: Adolfo Guzzini presidente nazionale IN/ARCH; Aldo Bonomi, Sociologo, direttore Consorzio A.A.Ster (Associazione Agenti Sviluppo Territorio); Gabriele Buia, Presidente ANCE; Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico; Aldo Cibic, Fondatore Cibicworkshop; Antonio Decaro, Presidente Anci ; Carlo De Vito, Presidente di FS Sistemi Urbani; Irene Giglio, Architetto, MCA Mario Cucinella Architects – coordinatore del progetto per il Padiglione Italia, 16. Mostra internazionale di Architettura Biennale di Venezia; Carlo Modonesi, Docente di Ecologia umana, Università di Parma.
Le indagini demografiche ci dicono che oltre la metà della popolazione umana vive nelle città, che occupano il 2,5% della superficie della terra. Entro il 2030 ci saranno 41 megalopoli con più di 10 Milioni di abitanti a fronte delle attuali 28.
Le grandi agglomerazioni urbane sono oggi considerate le uniche in grado di attrarre investimenti, di promuovere l’innovazione, di produrre PIL. In molti studi si sostiene che per reggere la competizione su scala mondiale le città devono necessariamente diventare più grandi.
Allo stesso tempo il sovraffollamento sempre più intenso delle megalopoli ci pone di fronte a problemi complessi relativi all’inquinamento ambientale, all’uso delle risorse, alla produzione di rifiuti, ai sistemi di trasporto ecc. Pone, in sintesi, un quesito sulla capacità di tali modelli insediativi di garantire il benessere dei cittadini.
La “resistenza” sino ad ora dimostrata dall’Italia verso i modelli di concentrazione demografica delle megalopoli può rivelarsi non come un grave ritardo da colmare ma una opportunità per proporre un modello alternativo di organizzazione del territorio.
Su questi temi l’IN/ARCH vuole stimolare un confronto tra le forze politiche, economiche e culturali del Paese per costruire insieme una vision diversa di sviluppo. Lo ha fatto ponendo questi interrogativi durante il Congresso Nazionale che si è tenuto a Roma. L’Italia – afferma il Presidente IN/ARCH Adolfo Guzzini – è storicamente il paese delle 100 città: in gran parte città medio piccole, visto che solo 6 di esse superano i 500.000 abitanti. Anche sul piano dello sviluppo industriale il nostro Paese si è caratterizzato per una fortissima presenza di imprese medio-piccole, con insediamenti sparsi nel territorio, con sistemi di interrelazione dei processi produttivi organizzati in distretti e non concentrati intorno alle aree metropolitane. Per l’INARCH queste peculiarità possono trasformarsi in una opportunità: proporre un diverso modello di organizzazione del territorio caratterizzato non da grandi concentrazioni urbane ma da un forte policentrismo.