Rete e dimensione digitale si confermano le nuove frontiere del crimine globale. Il cyber spazio non è soltanto il campo di battaglia privilegiato dei conflitti geopolitici del Terzo Millennio, ma anche il brodo di coltura dell’inventiva malavitosa che, bisogna ammetterlo, sa concepire e realizzare business illeciti sempre più sofisticati. Lo dimostrano i numeri contenuti nel rapporto stilato da McAfee e dal Center for Strategic and International Studies (CSIS): il cybercrime costa all’economia mondiale quasi 600 miliardi di dollari, pari allo 0,8% del Pil globale. Dato in aumento rispetto allo studio precedente che nel 2014 ha stimato le perdite globali in circa 445 miliardi di dollari. “Il digitale ha trasformato quasi tutti gli aspetti della nostra vita, compresi il rischio e il crimine, che digitalizzandosi è diventato più efficiente, meno rischioso, più redditizio e facile da compiere come non mai”, commenta Steve Grobman, Chief Technology Officer di McAfee.
Secondo la ricerca, infatti, la crescita è avvenuta nell’arco di tre anni grazie all’abilità dei criminali informatici di adottare “rapidamente le nuove tecnologie e alla relativa facilità di entrare nelle fila della criminalità informatica”, ma anche per “la crescente sofisticazione finanziaria dei criminali informatici di alto livello”. Quali le modalità illecite più gettonate? In primo luogo, il furto di proprietà intellettuale che rappresenta almeno “il 25% del costo della criminalità informatica, in grado anche di minacciare la sicurezza nazionale quando si tratta di tecnologia militare”. Segue il ransomware, cioè quel virus che prende in ostaggio i pc costringendo a pagare un riscatto agli hacker per potersene liberare. Secondo i ricercatori, è lo strumento di criminalità informatica in più rapida crescita. A supporto delle attività illecite in rete giocano un ruolo pure le valute digitali come i Bitcoin e l’utilizzo di Tor, software per navigare in anonimato, che proteggo gli operatori dall’identificazione.