Lo scorso 14 ottobre è stata inaugurata a Certaldo la nuova piazza della Libertà a firma dell’architetto Roberto Malfatti e del suo team di Politecnica – una delle più importanti realtà nel campo della progettazione integrata in Italia – su linee guida dell’Ufficio Tecnico comunale. Si tratta di un grande spazio rettangolare di circa 4000 mq, all’interno della maglia ortogonale dell’espansione sette-ottocentesca del borgo toscano, su cui gli architetti di Politecnica hanno delicatamente sovrapposto un sottomodulo degli stessi isolati che individua quattro funzioni tipiche della piazza come concepita nel tradizionale spazio pubblico italiano e nella square ottocentesca: luogo di incontro, caratterizzato da un essenziale spazio ristoro e una pensilina leggera che riecheggia il riparo dei portici di un tempo, di gioco, con l’area ludica dedicata ai bimbi, di svago, caratterizzata da una pedana rialzata con funzione al contempo di palco per spettacoli e grande seduta per i ragazzi, e di memoria, area commemorativa dedicata al nuovo monumento per la Resistenza e all’evocativa presenza dell’acqua. Le quattro aree sono armonicamente legate da un ristoratore filo verde, col sapiente uso di essenze sempreverdi (leccio e ligustro) e a foglia caduca (tiglio, frassino, bagolaro). Per la scelta dei materiali
– travertino, porfido, conglomerato drenante con leganti trasparenti, battuto di tufo, gomma colata, plastica rigenerata effetto legno, acciaio e acciaio corten;
– il segno pulito e razionale, il colore e l’illuminazione, il restyling appare certamente moderno ma senza avventurismi stilistici gratuiti, come purtroppo a volte se ne vedono in molti centri di meravigliose cittadine su e giù per lo stivale.
Certaldo è un paradigma fra i borghi di Toscana, oltreché per l’architettura e il contesto paesaggistico, per il ricchissimo bagaglio culturale in rapporto alle dimensioni. Qui è nato Giovanni Boccaccio, uno dei bardi che ha traghettato la nostra lingua dalle paludi del volgare alle salubri rive dell’italiano, il territorio è disseminato di importanti testimonianze etrusche e romane, la rocca medievale sorveglia da oltre novecento anni la via Francigena lì sotto e le nefaste milizie di Siena e Firenze all’orizzonte; all’interno delle mura cittadine trovano albergo opere di Benozzo Gozzoli, Pier Francesco Fiorentino, Andrea della Robbia e persino un giardino e casa del té, opera dell’artista nipponico Hidetoshi Nagasawa, a rimarcare quali strani e tortuosi percorsi a volte compiano la Storia e l’Arte… E’ un rifugio per i sensi Certaldo, una dolcezza antica con radici artigiane e contadine, solide e profonde, che si manifestano superbamente proprio in questa stagione con la raccolta delle uve e delle olive tutt’intorno. Mi piace vedere anche questo nell’evocativo monumento dell’artista Christian Balzano posto a decoro della nuova piazza: un grande cubo in corten, la “scatola della memoria”, sollevato da una bimba e contenente una frase del partigiano certaldese Marcello Masini.
E’ fragile alchimia di sensazioni il borgo italiano d’oggi; culture, tradizioni, rimandi, segni millenari che
debbono essere tramandati attraverso la memoria e se possibile ripensati attraverso nuove forme del vivere e lavorare. E la memoria di Certaldo oggi è lassù, sul colle della città vecchia, nobile quinta per la nuova piazza.
Passeggio sul selciato in spinapesce di via Rivellino che si incurva dolcemente sino a piegare a gomito sulla
sinistra, all’imbocco di via Boccaccio. Il Palazzo Pretorio, alla mia destra, riluce color d’arancia, colpito dai
tiepidi raggi del giorno che muore. La facciata arcigna da rude krak templare, nonostante i finestroni e la
loggetta, si conserva intatta nella sostanza, dalla fondazione dell’edificio da parte dei Conti Alberti di Prato, signori di questa porzione del Valdelsa. La funzione di piazzaforte rimase anche dopo la conquista fiorentina della città. Mi par di sentirlo ancora tra queste viuzze il clangore delle spade, le urla gutturali di invasori e assediati, le grida disperate di miserabili contadini. Poi venne l’éra dei Vicari, di cui ci rimangono gli stemmi in ceramica invetriata dei Della Robbia a decorare la facciata e rimandare la mia mente di mezzo siciliano, chissà perché, a vaghi ricordi di dolci sere palermitane. Imbocco la via dedicata al certaldese più grande, mi fermo di fronte alla sua casa, indugio e poi proseguo, intimorito da quella sacra grandezza. Scendo in basso, verso la città nuova, lasciandomi alle spalle il clangore e il vociare di un manipolo degli ultimi invasori, un gruppo di turisti francesi, sperando che tutte le Certaldo d’Italia non muoiano di questo…