La commissione Affari Costituzionali del Senato ha approvato il disegno di legge a prima firma Francesca Businarolo (M5S) che dà più tutele a coloro che denunciano i casi di corruzione (“whistleblowing”). Il disegno è atteso in Aula prima del 20 ottobre, cioè prima che prenda il via la sessione di bilancio.
«I whistleblower non sono delatori, ma dipendenti che hanno il coraggio di non voltare la testa dall’altra parte. Quindi per questo vanno tutelati». Così Raffaele Cantone, presidente Anac, che ha firmato la petizione #vocidigiustizia per promuovere l’adozione della legge a tutela di coloro che segnalano casi di corruzione sul posto di lavoro – i cosiddetti whistleblower – nel corso dell’iniziativa #fuorilavoce organizzata da Riparte il Futuro e Transparency International Italia a Roma.
Sono sempre di più i cittadini che oggi decidono di segnalare e che per questo rischiano ripercussioni: sono state 252 le segnalazioni ricevute da Anac nel 2016 e 263 nei soli primi cinque mesi del 2017. Molti enti pubblici non hanno ancora attivato una procedura interna per ricevere le segnalazioni dei dipendenti, nonostante sia obbligatoria da quando è stata approvata la legge anticorruzione nel 2012. Ad esempio, ancora il 13% dei Comuni italiani capoluogo di Provincia non ha una procedura, come evidenzia il rapporto ‘Segnalare la corruzione nei Comunì pubblicato oggi da Civico97, Transparency International Italia e Riparte il Futuro.
Questo disegno di legge interviene su uno specifico profilo relativo al cd. whistleblowing – espressione con cui si designa la segnalazione di attività illecite nell’amministrazione pubblica o in aziende private, da parte del dipendente che ne venga a conoscenza. To blow the whistle significa “soffiare il fischietto”, come un tempo faceva il poliziotto nel tentativo di far cessare un’azione illegale (ne dettava una disciplina già la “Lincoln Law” del 1863, varata nel pieno della guerra civile americana per far fronte alle frodi negli approvvigionamenti).
Il profilo su cui il disegno di legge interviene è la protezione del dipendente che segnali illeciti, rispetto a misure discriminatorie o comunque penalizzanti, entro il rapporto di lavoro, pubblico o privato.
Nell’ordinamento italiano, la legge n. 190 del 2012 (recante Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) ha introdotto – in relazione alla sola pubblica amministrazione – una prima generale disciplina sulla protezione del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo ruolo di dipendente pubblico.
L’attuale Piano nazionale anticorruzione (PNA), al par 3.1.11, prevede che le pubbliche amministrazioni sono tenute ad adottare i necessari accorgimenti tecnici affinché trovi attuazione la tutela del dipendente che effettua segnalazioni di cui all’art. 54 bis del d.lgs. n. 165 del 2001. L’adozione delle iniziative necessarie deve essere prevista nell’ambito del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) come intervento da realizzare con tempestività.
L’Autorità nazionale anticorruzione, all’esito di una consultazione pubblica conclusasi nel marzo 2015, ha emanato (Determinazione n. 6 del 28 aprile 2015, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2015) specifiche Linee guida per le pubbliche amministrazioni in merito ai modelli da adottare per la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti.
Su un piano più generale, obblighi di segnalazione di reati da parte del pubblico ufficiale che ne sia venuto a conoscenza nell’esercizio o a causa delle sue funzioni sono previsti dall’art. 361 del codice penale: l’omissione o il ritardo di denuncia all’autorità giudiziaria, o ad un’altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, comporta la pena della multa da 30 a 516 euro; la pena è invece la reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto.