Un colpo di pedale ci salverà dal traffico, dall’inquinamento e dalla pigrizia. Viviamo in un’epoca di diminuzione delle risorse petrolifere, di cambiamenti climatici, di crescita demografica e di urbanizzazione al pari di una crescente consapevolezza degli effetti nocivi sulla salute umana dell’inquinamento atmosferico, del rumore e della mancanza di esercizio fisico. La bicicletta è il mezzo migliore e più accessibile che abbiamo per affrontare questi problemi.
Per queste ragioni il ciclista, nel traffico, non deve mai essere trattato come cittadino di serie B. Nella pratica questo avviene spesso, anche in Olanda o Danimarca, considerati da tutti, paesi ad alta vocazione ciclistica. I diritti in questa affermazione riassumono tutto il necessario per ottenere ciò che i ciclisti meritano.
Tutti devono poter andare in bicicletta: è la tesi fondamentale che apre la Dichiarazione dei diritti del ciclista urbano e del cicloturista che sarà presentata il 15 settembre a Pesaro da Legambiente in occasione della prima giornata del summit di Rete Mobilità Nuova e che prende spunto dalla “The Amsterdam Declaration: the right to use the Bicycle” del 2000 e dalla “Declaraciòn de Sevilla sobre el uso de la bicicleta como medio de transporte saludable, ecológico y sostenible” del 2009.
La dichiarazione punta alla nascita di una Rete di Città Ciclabili Italiane e, in collaborazione con i Comuni e le istituzioni che la sottoscriveranno, alla definizione di una serie di azioni in grado di far crescere il numero di utenti della bicicletta in ambito urbano e il cicloturismo. I firmatari si impegneranno a definire, entro la fine del 2017, i propri obiettivi per il 2018 e per il triennio successivo.
Cosa prevede la Dichiarazione? Oltre al primo diritto, fondamentale universale, il testo impegna le città a dotarsi di una rete di percorsi ciclabili sicuri e accessibili, percorribili tutto l’anno e con qualsiasi condizione meteorologica, con standard qualitativi elevati, capaci di neutralizzare potenziali conflittualità con gli altri utenti della strada.
E ancora: la realizzazione di aree con limite di velocità per veicoli a motore a 30 km/h; creazione di nuovi spazi ciclopedonali; garanzie di sicurezza per bici e pedoni nelle intersezioni con la viabilità motorizzata riducendo così le discontinuità della rete ciclabile che disincentivano l’uso della bici o addirittura mettono a repentaglio la sicurezza di chi pedala; ottimizzare l’intermodalità; realizzare soprattutto nei pressi di stazioni, scuole e università, grandi spazi culturali e sportivi, dei ‘cicloparcheggi’ custoditi dove siano presenti anche officine per la riparazione delle biciclette.
A città, regioni e ministeri competenti viene chiesto di collaborare alla definizione e all’implementazione di due strategie nazionali: una che favorisca l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto urbano, vincolando i comuni a raggiungere precisi target di crescita per gli spostamenti a piedi, in bici e con il trasporto pubblico; l’altra dedicata al cicloturismo, che punta alla qualità dei tracciati già inseriti nella rete delle ciclovie nazionali e alla differenziazione delle azioni da mettere in campo per incentivare al meglio le diverse tipologie di turismo in bici e in e-bike.
In materia di ciclovie (che devono essere fruibili da bambini, utenti inesperti e persone con ridotta o impedita capacità motoria) la dichiarazione mette in primo piano la sostenibilità economica e ambientale, che significa utilizzare al meglio le infrastrutture disponibili per minimizzare costi e impatto ambientale, e attenzione ai collegamenti con le reti di trasporto, in particolar modo quelle su ferro, un forte carattere identitario.
Nella Dichiarazione dei diritti del ciclista urbano e del cicloturista, la realizzazione di infrastrutture per la ciclabilità e per la mobilità in genere si affianca a una trasformazione dello spazio pubblico e della sua destinazione d’uso in un’ottica di rigenerazione urbana.