Fisco sempre più crudele? Proprio così stando ai dati forniti dalla Corte dei conti. Negli ultimi 9 anni sono state varate manovre sui conti pubblici per complessivi 960 miliardi di euro. Si tratta di risorse finanziarie sparse in 52 provvedimenti normativi e 1.099 nuove voci di entrate nelle finanze statali e locali. Questi i risultati principali di una ricerca del Centro studi di Unimpresa, che ha incrociato gli effetti di tutti le misure di spesa e di entrata approvate tra il 2008 e il 2017. Secondo la ricerca, l’indebitamento netto è cresciuto di 175 miliardi, con il fisco italiano che continua a essere il peggiore d’Europa.
L’analisi dell’associazione, basata su dati della Corte dei Conti, del Tesoro e dell’Ocse, si focalizza sul confronto internazionale e in particolare sui problemi del sistema tributario italiano. L’economia sommersa in Italia è pari al 21,1% del prodotto interno lordo rispetto alla media dell’Unione europea del 14,4%. L’evasione complessiva in Italia è al 24% del pil, mentre la media europea è inferiore al 20%. In particolare, l’evasione dell’Imposta sul valore aggiunto (Iva) ha raggiunto la quota del 30,2% (sempre rispetto al pil), da confrontare col 17% della media europea. Il tasso di riscossione è pari ad appena l’1,13%, molto meno rispetto al 17,1% medio in questo caso dei Paesi Ocse.
Quanto alla pressione fiscale complessiva, continua la ricerca, tenendo conto sia del carico tributario sia di quello contributivo, il tasso in Italia raggiunge il 64,8% rispetto al 40,6% del livello medio riscontrato in Europa. Anche dal punto di vista del lavoratore, il confronto è impietoso: il cuneo fiscale è pari in Italia al 49% mentre in Ue non arriva al 39%: si tratta della differenza fra il costo del lavoro a carico dell’imprenditore e la busta paga netta. I costi della burocrazia, parametrati sugli obblighi fiscali, sono pari a 269 giorni lavorativi in Italia e a 173 giorni in media in Ue.
“Sono state fatte tante scelte sbagliate, negli ultimi anni. La crisi avrebbe dovuto rappresentare l’occasione per ridurre finalmente e definitivamente le tasse, sia quelle a carico delle famiglie, sia quelle a carico delle imprese – commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci – Purtroppo – continua – tutti i governi che si sono succeduti hanno preferito insistere e spingere sulla leva fiscale, aumentando anche le voci di spesa”.
Altre sorprese emergono se si guarda con attenzione ai risultati della lotta all’evasione fiscale che, formalmente, raggiunge il risultato record di 27 miliardi nel 2016. Si tratta però di riscossioni ‘lorde’ che, quando si considerano gli incassi effettivi, si riducono ad appena il 40,7%. Lo scorso anno le entrate da attività di accertamento e controllo hanno portato all’emersione di 19 miliardi, a cui bisogna aggiungere altri 8 miliardi di entrate una tantum (tra cui la voluntary dosclosure). Il gettito effettivo, però, ammonta a soli 11 miliardi di euro. Le tabelle contenute nel rapporto sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei conti mostrano che nell’ultimo decennio gli incassi si sono fermati ben al di sotto delle entrate stimate. La magistratura contabile, nel dossier, parla di ”serie difficoltà” di verifica del consuntivo e di ”somme riscosse fuorvianti”.
Il primo anno esaminato dalla Corte dei conti è il 2007, quando la riscossioni stimata ammontava a 8,5 miliardi (di cui 2,1 mld da entrate una tantum), ma l’incasso effettivo si è fermato a 4,3 miliardi (il 50% del totale). Il gettito si riduce, in termini percentuali, l’anno successivo, quando il totale salive a 9,6 miliardi (di cui 2,7 mld da una tantum) e il gettito a 4,5 miliardi (pari al 46,9% del totale). Nel 2009 le riscossioni lorde arrivano a 11,8 miliardi di euro (2,9 mld una tantum) e quelle nette a 6,4 miliardi (54,2%).
Nel 2010 le entrate teoriche da lotta all’evasione fiscale arrivano a 13,9 miliardi di euro (con 2,9 mld di un tantum) e la riscossione effettiva a 8,1 miliardi (pari al 50,3% del totale). L’anno dopo l’attività di accertamento porta all’emersione di 16,1 miliardi (con 3,4 mld di una tantum) e le entrate reali arrivano a 9,3 miliardi (57,8%). Nel 2012 gli incassi stimati sono pari a 15,6 miliardi di euro (3,1 mld una tantum), e l’effettivo incassato ammonta a 9,4 miliardi (60,2%).
Risultati simili, in termini percentuali, si raggiungono anche nei due anni successivi: nel 2013 le entrate teoriche ammontano a 16,2 miliardi (3,1 mld una tantum), con l’incasso che raggiunge 10 miliardi (61,7% del totale); nel 2014 le stime indicano che la cifra raggiunta è di 17,5 miliardi (3,3 mld una tantum) e quella incassata è di 10,9 miliardi (62,3%).
Negli ultimi due anni la percentuale degli incassi effettivi rispetto alle entrate stimate inizia a scendere, con il 2015 che a fronte di una riscossione lorda che arriva a 18,9 miliardi (4 mld una tantum), si ferma a 10,9 miliardi di incassi (57,7% del totale). Lo scorso anno le l’attività di accertamento e controllo ha portato al record di 27 miliardi, mentre la somma entrata nelle casse dell’erario ammonta a 11 miliardi. Mettendo a confronto i risultati dell’ultimo decennio emerge che nel 2016, con il 40,7% delle entrate ‘nette’ rispetto al ‘lordo’, è toccato il minimo di incassi in percentuale alle entrate. Di conseguenza, la Corte dei conti, nel suo rapporto, rileva che le stime di gettito formulate in sede di bilanci di previsione ”presentano serie difficoltà di verifica in sede di consuntivo”. ”Pesa il deficit informativo che circonda gli esiti della lotta all’evasione”. In materia di contrasto all’evasione ”si sa poco: non si è in grado di conoscere in quale misura si siano realizzati i recuperi appostati nei bilanci di previsione e le cifre consuntivate sono non di rado fuorvianti”.