A tre anni dall’istituzione della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, è stato presentato il quadro generale e dettagliato regione per regione delle 9300 opere previste, degli investimenti, dei cantieri aperti, e dello stato di avanzamento delle progettazioni. Il fabbisogno complessivo delle opere è un elenco di 11.108 cantieri di cui 1340 con lavori in corso, per un fabbisogno finanziario complessivo di circa 29 miliardi di euro di cui 12,9 già programmati tra fondi europei, nazionali e regionali. Alcuni piani, come quello per le aree metropolitane vedono aperti grandi cantieri tra Genova, Milano, Firenze e in diverse altre regioni. La struttura di missione ha svolto una azione di recupero dei fondi stanziati contro il dissesto idrogeologico e non spesi negli anni 2000-2014, si tratta di un “tesoretto” da 2,2 miliardi oggi trasformati quasi tutti in cantieri.
Il punto di forza è stato il lavoro di squadra a tutti i livelli istituzionali che ha creato le condizioni per una grande opera pubblica nazionale collettiva, come pure nella nomina dei 20 presidenti di Regione come Commissari straordinari del Governo per il contrasto al dissesto; nell’unificazione in un unico luogo, la Banca dati unitaria dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, dei 14 monitoraggi preesistenti e con gli stati di avanzamento dei progetti sulla piattaforma Rendis dell’Ispra; la lotta quotidiana per la semplificazione della burocrazia e dei ricorsi che bloccavano l’apertura dei cantieri fino alla “norma Bisagno” del decreto Sblocca Italia.
“Il Piano per la messa in sicurezza del Paese – ha spiegato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – non è solo un grande impegno di risorse, ma un cambio di paradigma sull’aspetto decisivo della governance. Abbiamo individuato le priorità di intervento e agito su modalità di spesa. Oggi i presidenti sono commissari straordinari al dissesto e in 30 giorni sono in grado di dare tutte le autorizzazioni. Credo inoltre – ha detto Galletti – che quelle norme abbiano bisogno di una revisione per renderle ancor più competitive. Il lavoro è lunghissimo, ha un orizzonte di 20 anni: è un lavoro avviato, una responsabilità presa rispetto al Paese”.
“Per la prima volta l’Italia ha un Piano nazionale per la riduzione del rischio frane e alluvioni. E per la prima volta abbiamo una pianificazione non in emergenza ma ordinata e ordinaria di opere e interventi necessari e non rinviabili, e un piano finanziario con risorse vere e un monitoraggio che permette a qualsiasi cittadino di ‘visitare’ i cantieri. Il contrasto al dissesto per noi significa prevenzione strutturale realizzata 365 giorni l’anno, e l’Italia può concludere, nell’arco di poco più di un decennio, la gran parte degli interventi previsti, correndo sulle progettazioni per colmare un ritardo impressionante per quasi il 90% delle opere grazie all’attivazione del primo Fondo Progetti rotativo con 100 milioni da parte del Ministero dell’Ambiente, una novità assoluta per stimolare investimenti per la massima sicurezza di circa 7 milioni di italiani che vivono nell’11% del territorio nazionale a rischio inondazioni e frane”, ha detto Erasmo D’Angelis.
“Abbiamo un serio piano finanziario al 2023, presentato nel dettaglio nel libro, con risorse vere che ammontano esattamente a 12 miliardi 442 milioni da fondi europei e sviluppo e coesione, ordinari e recuperati da Italiasicura dopo una verifica con i Comuni, le Regioni e le ex Province sulla programmazione 2000-2014. E’ stata decisiva l’azione di semplificazione della governance e delle procedure ed è meglio spendere in prevenzione che riparare in emergenza danni per 3,5 miliardi l’anno come accade dal dopoguerra”, ha spiegato, infine, Mauro Grassi.