Unicef, un grido d’allarme per le violenze nel Chad

Il Rapporto Unicef “Silent Shame: Bringing out the voices of children caught in the Lake Chad” fotografa la terribile realtà di molti bambini rapiti tra Nigeria e Ciad. Il gruppo radicale islamico Boko Haram utilizza sempre più spesso i bambini per realizzare i propri attacchi con ordigni esplosivi: è quanto emerge dall’ultimo Report dell’Unicef, secondo cui il numero di attentati messi a segno dall’inizio dell’anno ad oggi, supera numericamente quello dell’intero 2016.

Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, almeno 117 attacchi sono stati compiuti da minori nella regione del bacino del Lago di Ciad a partire dal 2014. “Oggigiorno – ha detto il direttore regionale dell’Unicef per l’Africa centrale e occidentale, Marie-Pierre Poirier – la sola presenza di bambini vicino a mercati e a posti di blocco è sufficiente per fare scattare l’allarme. L’anno scorso 1.500 bambini sono stati fermati tra Nigeria, Camerun, Niger e Ciad. Questi bambini sono vittime, non colpevoli. Forzarli o ingannarli per commettere questi atti terribili è deplorevole”. Da quando Boko Haram rapì oltre 200 studentesse a Chibok, dopo averle radunate, costrette a indossare il velo, indotte a cantare le gesta dei suoi leader, sposate a forza, ridotte in schiavitù, il fenomeno si è allargato a dismisura, afferma l’Unicef e di tanti non si riesce ad avere notizia.

Il Rapporto Unicef “Silent Shame: Bringing out the voices of children caught in the Lake Chad” segue e fotografa una realtà inimmaginabile di bambini che sono stati rapiti e che, se riescono a tornare nelle comunità di appartenenza, vengono guardati con grande sospetto. Spesso tacciono per paura di rappresaglie, ma le ferite fisiche come pure quelle emotive sono devastanti.