L’Anci lancia «un forte richiamo al Parlamento e al Governo» affinchè «sia ripristinato il regime di progressivo sblocco del turn over del personale degli enti locali, affermato solo pochi mesi fa e oggi rimesso in discussione dalle misure previste dalla Legge di stabilità». Misure che vanno corrette «per garantire l’assolvimento dei servizi essenziali ai cittadini ed evitare una nuova precarizzazione del pubblico impiego, contrastata da corrette scelte del legislatore di recente». Il riferimento, informa l’Anci, «è al comma 126 dell’articolo 1 del Ddl stabilità, che prevede la drastica riduzione del turn over di personale per gli Enti locali, fissato per il triennio 2016-2018 al 25% della spesa del personale cessato nell’anno precedente». Una misura che a detta dell’Associazione dei Comuni «contraddice le scelte strategiche fatte solo un anno fa con il Dl 90/2015, che prevede dal 2016 l’ampliamento del turn over nei Comuni all’80% delle cessazioni, per arrivare al 100% dal 2018». Questo obiettivo, formalizzato dal Governo in Conferenza Unificata nel protocollo d’intesa ‘Italia Semplicè «era finalizzato a rilanciare il ricambio generazionale nella Pa. Con le previsioni inserite nella Stabilità, invece, si blocca sostanzialmente non solo il ricambio generazionale, ma anche la programmazione dei fabbisogni, che per il comparto dei Comuni è strettamente connessa all’erogazione dei servizi alla cittadinanza». Questo, segnala ancora l’Anci, «accade peraltro a valle di un blocco sostanziale delle assunzioni che si protrae da gennaio 2015, in ragione del processo di ricollocazione del personale delle Città metropolitane e delle Province». Ma soprattutto, viene sottolineato, «l’esigenza di ricambio generazionale è fortemente sentita nei Comuni, dove solo il 12% dei dipendenti, e solo il 2% dei dirigenti, ha meno di 40 anni di età, mentre il 60% dei dipendenti, e il 70% dei dirigenti, supera i 50 anni».