Dalla fine degli anni ’30 al 1945 in Europa furono deportati e uccisi circa sei milioni di ebrei.
Il 27 gennaio 1945 i soldati dell’Armata Rossa abbattevano i cancelli di Auschwitz e liberavano i prigionieri sopravvissuti allo sterminio del campo nazista. Le truppe liberatrici, entrando nel campo di Auschwitz-Birkenau, scoprirono e svelarono al mondo intero il più atroce orrore della storia dell’umanità: la Shoah.
Con una legge del 20 luglio 2000, la Repubblica italiana ha istituito il Giorno della Memoria.
Nel primo articolo riconosce il 27 gennaio come data simbolica per “ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Quello di quest’anno è il quattordicesimo appuntamento con il Giorno della Memoria, a sessantanove anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz e dalla fine della Shoah. In Italia e in molti paesi europei, vengono “organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.
La legge che istituisce il Giorno della Memoria cerca di prendere in carico il ricordo tremendo di quanto è accaduto e la responsabilità preventiva della nostra comunità e di quella europea nei confronti del futuro. Lo scopo indicato dalla legge, nell’articolo 2, è proprio quello di “conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”.