Si conferma il trend registrato lo scorso anno: Comuni e regioni si confermano virtuosi, mentre lo Stato centrale ha conti sempre più traballanti. Negli ultimi due anni il debito degli enti locali è calato di oltre 10 miliardi (-10%), mentre quello dello Stato centrale è cresciuto di quasi 87 miliardi (+4%). Da settembre 2014 a settembre 2016, sindaci e governatori regionali hanno ridotto il “rosso” da 101 a 91 miliardi, mentre il governo ha portato il “buco” da 2.043 miliardi a 2.130 miliardi. Questi i dati principali di un’analisi del Centro studi di Unimpresa sui conti pubblici negli ultimi anni.
“I dati sono utili per riflettere sugli indispensabili tagli alla spesa pubblica. Negli ultimi anni – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – si è spesso puntato il dito contro le autonomie locali, sostenendo che i disastri della finanza pubblica siano cagionati dalla periferia e non dalle amministrazioni centrali. Invece, è evidente come proprio a livello territoriale si registra una gestione virtuosa del debito, ridottosi a tutti i livelli nelle regioni, nelle province e nei comuni”. Secondo Longobardi “se il governo intende intervenire sulla spesa pubblica deve aggredire i conti dei ministeri e degli apparati centrali che erano stato oggetto di una dettagliata analisi da parte della commissione sulla spending review coordinata da Carlo Cottarelli, poi affidata a Yoram Gutgeld, ma senza risultati concreti”.
Secondo l’analisi dell’associazione, basata su dati della Banca d’Italia, il debito pubblico dello Stato centrale è passato negli ultimi due anni dai 2.043,5 miliardi di settembre 2014 ai 2.130,4 miliardi di settembre 2016 con un incremento di 86,8 miliardi (+4,25%); a settembre 2015, il buco nei conti dello Stato era arrivato a 2.107,7 miliardi, quindi la variazione sugli ultimi 12 mesi è pari a 22,6 miliardi (+1,07%).
In netta controtendenza è l’andamento complessivo del debito degli enti locali (comuni, province, regioni): dai 101,4 miliardi di settembre 2014, il valore è sceso ai 96,2 miliardi di settembre 2015 e ancora più in basso a 91,08 miliardi di settembre 2016. Su base annua la diminuzione registrata è pari a 5,1 miliardi (-5,35%), mentre rispetto a due anni fa il calo è di 10,3 miliardi (-10,24%).
Sostanzialmente in linea con i dati del debito è l’andamento del fabbisogno. Per quanto riguarda lo Stato centrale, il fabbisogno (l’eccedenza dei pagamenti rispetto agli incassi) era a quota 83 miliardi nel 2013, a 75,05 miliardi nel 2014, a 58,2 miliardi nel 2015 e a 43,5 miliardi nel 2016 (il dato è aggiornato fino a settembre).
Per gli enti locali, si è quasi sempre registrato un avanzo di cassa nel periodo osservato: il fabbisogno di comuni, province e regioni è stato negativo per 6,4 miliardi nel 2013, per 9,4 miliardi nel 2014 e per 7,09 miliardi nel 2015. Nel 2016 (anche in questo caso il dato è fermo a settembre) nei conti degli enti territoriali si è registrata una esigenza di cassa per 829 milioni.