Matteo Dondè esperto in pianificazione della mobilità ciclistica, modificazione del traffico e riqualificazione degli spazi pubblici sottolinea come la strada diventi di fatto più sicura e condivisibile quando la velocità è più bassa, ma per questo occorre soprattutto una efficace comunicazione. Non basta un cartello segnaletico che indichi zona 30, occorre piuttosto comprendere come le aree residenziali delle nostre città appartengano a tutti senza conflittualità tra i diversi utilizzatori. Strade più belle, valorizzate e vivibili, l’Architetto Dondè ci spiega un cambiamento possibile.
L’Italia è un Paese con una lunga tradizione legata alla bicicletta, che in questi anni sta tornando alla ribalta come mezzo di trasporto urbano. Vista la sua esperienza cosa manca e cosa occorre per implementarne l’utilizzo nelle nostre in città?
“Negli ultimi cinquant’anni il modello è stato auto centrico, ma oggi le cose stanno cambiando in virtù di una nuova cultura necessariamente più sostenibile. Fino ai primi anni del ‘900 le strade erano grandi superfici condivise, dove l’interazione tra i diversi utenti avveniva senza troppi problemi. Oggi In Italia gli incidenti stradali provocano invece 3.300 morti ogni anno. Tragedie umane che oltre alla perdita e al dolore comportano relativi costi sociali diretti e indiretti erodendo il 2% del Pil, pari a 30 miliardi di euro. Altri 15 miliardi vengono poi gettati via per i danni conseguenti al traffico e all’inquinamento.”
Le nostre città potranno, nel medio periodo, diventare bike-friendly?
“Nei paesi del nord Europa già alla fine degli anni Settanta le amministrazioni hanno lavorato molto sulla sicurezza e ora hanno sviluppato la ciclabilità su strade molto più sicure delle nostre. Non è tanto l’idea della pista ciclabile nella zona residenziale, ma la nuova cultura dello spazio condiviso che deve passare e sedimentarsi. Andando piano lo spazio torna ad essere condivisibile, cioè quel luogo che è il cuore dinamico delle nostre città, un luogo di vitalità per tutti. Le nostre città sono tra le più belle al mondo, la sera potrebbero essere uno scenario fruibile allo sguardo, ma come mi è accaduto recentemente a Perugia le splendide piazze sono trasformate in un parcheggio tanto che non si riesce ad immortalare con l’obiettivo neanche una chiesa senza inquadrare necessariamente le auto antistanti. Il tema forte su cui dobbiamo riuscire a lavorare in Italia è la sensibilizzazione, dobbiamo investire in comunicazione come da tempo sta facendo, ad esempio, la Germania dove i bambini senza difficoltà vanno a scuola prevalentemente da soli (40%). Noi siamo il Paese in Europa che in percentuale accompagna di più i propri figli a scuola con l’automobile. In Danimarca un questionario legato ad una recente indagine, ha dimostrato che i bimbi che si recano a scuola da soli a piedi o in bicicletta hanno una maggiore capacità di concentrazione e di apprendimento. Ai cittadini vanno raccontati seriamente e convintamente questi dati, il significato ed il valore che può avere la condivisione della strada in termini di sicurezza e rispetto tra i vari utilizzatori. Certo una cultura che non può essere cambiata da un giorno ad un altro ma la sensibilità dei genitori italiani pian piano può modificarsi anche sotto questo aspetto”.
Cronaca e attualità raccontano che in alcuni casi solo perché si sceglie di andare in bicicletta, il sogno di diventare grandi può non avverarsi mai. Ce ne parlano le vicende di questi giorni, proprio rispetto agli incidenti che hanno coinvolto due giovani italiani a Londra.
“Noi un po’ come a Londra (anche la capitale inglese è partita dopo rispetto all’Olanda e ai Paesi del Nord Europa) non abbiamo compreso appieno l’importanza della comunicazione per lavorare su un cambiamento culturale prima ancora che strutturale. Ovviamente una metropoli ha caratteristiche diverse rispetto a quelle delle città di medie dimensioni. Londra tuttavia sta realizzando nelle aree residenziali molte zone 30, il problema legato alla sicurezza risiede nella concezione e nell’utilizzo che si fa della strada. La strada è uno spazio condiviso che va percepito e vissuto a pieno titolo da ogni categoria nel rispetto dei differenti utilizzatori”.
Puntare sulla qualità dell’informazione può quindi fare la differenza?
“Nelle città di tutta Europa il 30% di spostamenti in auto coprono distanze inferiori ai 3 Km, mentre il 50% è inferiore a 5 Km. Questi dati li conosciamo, ma ben poco vengono raccontati in questa direzione, se messi assieme possono tuttavia far capire che usare meno l’auto è una scelta possibile. Distanze che possono essere affrontate agevolmente con mezzi alternativi a quelli motorizzati. La bicicletta è inoltre l’unico mezzo che ci dà la certezza dei tempi di percorrenza. Si sa in quanto tempo può essere compiuta una data distanza. La bicicletta ci fa guadagnare tempo, ma non tutti se ne rendono pienamente conto. Io sto lavorando sul Biciplan di Bologna e incontrando i cittadini mi sono reso conto del frequente fraintendimento legato alla percezione dei tempi di percorrenza. Non c’è una giusta percezione legata a questi, quindi occorre raccontare che si possono fare tot chilometri in un dato tempo. Un modo per informare e alfabetizzare guardando nella direzione di questa nuova mobilità. L’altro elemento su cui puntare è l’attualità. Le zone 30 per intenderci, di cui anche in Italia si parla abbastanza, non vuol dire solo fare andare piano le auto, altrimenti riempiremmo le città di dossi. Ma in realtà è proprio l’occasione di recuperare l’attualità delle nostre strade che abbiamo perso sul modello auto centrico, perciò se io intervenendo su una strada per fare andare piano le auto realizzo anche degli elementi che ne addolciscano la qualità, mettendo delle sedute, delle fioriture, del verde, anche il cittadino sarà più disposto al compromesso in virtù di un’accresciuta qualità della strada. Molti studi, inoltre, dimostrano che così aumenta il valore immobiliare delle case. Visto che siamo il popolo di proprietari di case anche questo può essere un forte incentivo. Insomma, la zona 30 mettendo solo un cartello non funziona, dove si lascia un corridoio per le auto non può avvenire il reale cambiamento, se invece la strada si trasforma attraverso maggiore qualità, l’efficacia del messaggio di andare piano può diventare tangibile, se la comunicazione è efficace il messaggio viene compreso e allora le cose cambiano”.