Suona l’allarme per i lavori pubblici. A segnalare la situazione critica è l’ex capo economista del Tesoro, Lorenzo Codogno: “Stanno crollando i nuovi lavori – avverte – Si avrà un impatto negativo sul Pil nei prossimi trimestri, è una cattiva notizia per le finanze pubbliche”. In effetti, da qualche mese – per la precisione dall’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti – si registra un netto calo nel settore degli appalti. Un tracollo da tempi di recessione che potrebbe assestare il colpo di grazia ai conti pubblici. Nel secondo trimestre il Pil è rimasto fermo, bruciando le già traballanti stime di crescita del Governo (il buco è tra i 6 e i 10 miliardi). E le cose potrebbero peggiorare. I lavori pubblici valgono il 19,6% del settore delle costruzioni (24,5 miliardi) e l’edilizia impatta per l’8,3% sul Pil, la metà degli investimenti fissi totali (già al palo) e un quarto dei posti di lavoro dell’industria. Il suo impatto sull’economia è ancora più grande, visto che il moltiplicatore (l’effetto sul reddito nazionale) è del 3,5%. Se l’edilizia è ferma, si ferma tutto. E quella su commissione pubblica è al palo. Presentato da Renzi come una “rivoluzione copernicana” che “chiude le strade alla corruzione”, il nuovo codice è entrato in vigore il 19 aprile scorso: avrebbe dovuto migliorare la trasparenza e ” sbloccare ” i lavori affidando un enorme compito di supervisione all’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. Purtroppo, le cose non stanno andando in questa direzione. Lo stallo è partito a inizio anno: nel primo semestre il calo dei bandi è stato dell’8,8% nel numero e del 13,3% in valore rispetto al 2015. È andato meglio ad aprile, ma solo perché Comuni, Regioni, ma anche società come Anas, Enac etc. si sono affrettate a pubblicare tutto prima dell’entrata in vigore delle nuove norme. A maggio, il tracollo: 985 bandi contro i 1.343 del 2015 (-75% in valore). A giugno, al netto del “piano banda larga” (1,4 miliardi), il calo è pesante (-60% in valore per i Comuni). Per Codogno ” l’incertezza sta uccidendo gli appalti “. La stessa Anac ha ammesso che le nuove norme stanno rallentano le operazioni, perché bisogna adeguare bandi, procedure e criteri di aggiudicazione, ma spiega che è una fase passeggera. ” Che queste complesse novità avrebbero creato qualche problema è evidente. Dovremo aiutare le amministrazioni ad applicarle – ha spiegato il Ministro delle infrastrutture, Graziano Delrio. Difficile trovare un dirigente pubblico che non ammetta sconsolato che ” tutto è fermo “, anche perché ora i bandi vanno fatti su progetti esecutivi, per evitare la triste pratica delle varianti in corso d’opera. L’Ance, la Confindustria del settore che ha applaudito alla riforma, è in fibrillazione. “L’atteggiamento delle amministrazioni è ingiustificabile – spiega il vicepresidente Edoardo Bianchi – l’84% dei bandi è sotto il milione di euro, dove le procedure sono state semplificate”. Ma ammette che comunque non cambierebbe nulla, visto che anche poco sopra quella soglia non si può applicare il “massimo ribasso”, ma ” l’offerta economicamente più vantaggiosa. Vanno presentate ‘ offerte migliorative ‘ anche per piccoli lavori e questo dilaterà molto i tempi”, aggiunge. L’Ance chiede modifiche e una moratoria per i bandi già definitivi. Il Governo non ne vuole sapere. Il problema – segnalano gli osservatori – è che il codice è tutto sulla carta. Delle 51 norme attuative, a bilancio ci sono solo 2 decreti, e delle 10 “linee guida” dell’Anac nessuna è arrivata in porto. Per 3 di loro, il Consiglio di Stato ha chiesto modifiche. E serpeggiano dubbi di costituzionalità. E così le attività di costruzione si sono contratte nel primo trimestre. Per Codogno, lo stallo “può avere un effetto notevole nel tempo se non c’è un recupero” . Non a caso, a luglio l’Ance ha tagliato le stime di crescita reale delle opere pubbliche dal 6 allo 0,4% (-3,6% nel 2017).