L’onda lunga del movimento smart s’ingrossa sempre più investendo ogni aspetto della vita associata, soprattutto incidendo in profondità la dimensione urbana. Se la pianificazione strategica rappresenta l’essenza progettuale del processo – poiché l’innovazione deve essere necessariamente coordinata nei diversi settori secondo un disegno unitario per fare la qualitativamente differenza – L’Internet delle cose – intesa come rete wireless urbana che consenta agli oggetti di raccogliere dati e di trasmetterli a un’unità centrale (cloud) per elaborarli in tempo reale – ne costituisce indubbiamente il braccio tecnologico-operativo. Lo hanno capito le grandi multinazionali dell’Ict come Google, Amazon, Huawei, Samsung, che si sono buttate a capofitto nello sviluppo di progetti IoT. Tuttavia, nel processo non ci sono soltanto le big company, sta germogliando anche una rigogliosa messe di start up, poiché i colossi tech non sono molto agili nel concepire/implementare sistemi di connessione aperti e interoperabili. Il fenomeno riguarda soprattutto i Paesi all’avanguardia nella ricerca scientifica, ma registra una dinamica crescente anche in Italia. In effetti, l’osservatorio Internet of the Things del Politecnico di Milano ne ha contate oltre 350 a livello globale, delle quali 39 nella Penisola. Un dato non trascurabile, il nodo però sono i finanziamenti. Soltanto un cospicuo afflusso di risorse potrebbe imprimere una vigorosa spinta alla diffusione delle aziende del settore e, a cascata, degli interventi da esse realizzati nelle città. Al momento gli investimenti istituzionali sono andati a 14 start up nazionali, mentre all’estero l’Iot ha ricevuto circa 3 miliardi di dollari (+233% nel 2014). “Nel nostro Paese – sottolinea l’osservatorio di Milano – il tallone d’Achille sta proprio nella scarsità di risorse disponili che arrivano col contagocce alle imprese, specialmente alla componente hardware, decisiva per le applicazioni IoT. Non a caso le start up nostrane censite dall’indagine hanno ottenuto meno di 2 milioni di euro a tal fine. Il futuro delle smart city tricolore si gioca anche su questo piano, per ora sdrucciolevole.