Chi l’avrebbe mai detto che la spazzatura, da materia degradata e ingombrata da eliminare, sarebbe diventata fonte di ricchezza e di sviluppo. In altre parole, oro. Tramutatasi grazie a una sorta di pietra filosofale tecnologica. Eppure è così. I dati parlano chiaro e forse anticipano il trionfo della cosiddetta economia circolare. Lo scorso anno il giro d’affari dell’industria dei rifiuti urbani è stato pari a 9,7 miliardi di euro, con una crescita cinque volte superiore a quella del Pil nazionale (+4,8% sull’anno precedente). Un settore quindi vitale e con uno sguardo rivolto al futuro. Il quadro emerge dall’ultimo Annual Waste Report elaborato da Waste Strategy, think tank della società di consulenza ambientale Althesys. I numeri del documento presentato a Roma danno l’immagine di un comparto in continua crescita, in particolare per quelle aziende che, nate per la raccolta e lo smaltimento, si stanno spostando su settori a maggior valore aggiunto come possono essere la valorizzazione e la selezione dei materiali che arrivano dalla raccolta differenziata. “Lo sviluppo delle fasi della raccolta è diventato un imperativo nelle politiche di gestione dei rifiuti”, spiega il rapporto. Ed è verso questa parte della filiera che si sta spostando l’attenzione degli operatori. Quasi tre quarti delle società in questo segmento si dedicano al recupero di almeno due tipi di materiali, generalmente carta e plastica (il 66% è attivo su entrambi). Sei imprese su dieci si dedicano ai metalli, il 45% si dedica al vetro e in uguale misura al legno. Inoltre, mentre il 46% si occupa soltanto di rifiuti urbani, il 33% tratta in esclusiva rifiuti speciali. Un’area nella quale si riscontra un potenziale sviluppo è quello dei rifiuti organici urbani, che si lega alla crescita dell’economia circolare. Quest’ambito è ancora ai margini soprattutto al Sud, dove non sono intercettate 2,3 milioni di tonnellate di rifiuto umido. La cifra di 9,7 miliardi di fatturato è riferita ai primi 75 operatori del comparto, che nel 2015 hanno investito nell’area ambientale 320 milioni e mezzo di euro, il 6% in più rispetto al 2014. Le società analizzate dal rapporto rappresentano il 70% del volume d’affari del settore e insieme coprono un bacino di 35 milioni di utenti. Il totale degli investimenti rappresenta quindi una cifra media di circa 10 euro per cittadino. Calcolo che tuttavia varia tra i 14 euro per abitante investiti dalle grandi multiutility e i 4,4 euro degli operatori privati. La vitalità del comparto si riflette anche nella trasformazione in atto. Nell’ultimo anno le operazioni straordinarie sono infatti cresciute del 19%, si legge nel documento. Il comparto è stato caratterizzato da acquisizioni, aggregazioni e riorganizzazioni. Questo processo sta portando anche a un rafforzamento delle società più grandi con A2a, Hera e Iren che da sole pesano per quasi il 35% sul valore delle migliori 75 società.