La 15esima Biennale di architettura, in corso a Venezia, ospita nel padiglione degli USA The Architectural Imagination, mostra che s’incarica di ripensare Detroit attraverso dodici visioni. Iniziativa artistica che riesce a unire un’esigenza molto concreta e impellente, come quella di ridare vita a una città andata in crisi nell’epoca postindustriale, con un’aspirazione alla fantasia creativa che si manifesta in pieno nei progetti poi effettivamente esposti. Scelta come esempio della crisi di molte città che si erano votate all’industria tradizionale, Detroit è oggi in bilico fra rilancio e decadenza. Ecco perché i curatori della mostra, Monica Ponce de Len e Cynthia Davidson, hanno puntato sull’immaginazione. Lo hanno fatto soprattutto per cercare, tra le altre cose, di rispondere a una domanda cruciale: “In questa epoca di media e migrazioni, l’architettura può ancora infiammare l’immaginario collettivo?”. La scelta di puntare su Detroit appare per questo doppiamente rilevante, perché si tratta di un luogo che a lungo è stato uno dei cuori dell’immaginazione americana, con l’avanguardia imprenditoriale dell’automobile e le scelte innovative dell’architettura industriale, con la Motown e il boom della musica techno. L’attuale panorama della città del Michigan è molto cambiato, sia dal punto di vista della popolazione che del paesaggio, sotto i morsi della crisi degli anni passati. Per questo i lavori esposti nella mostra propongono soluzioni nuove e radicali, tutte tese però a ragionare sul senso e sulla possibilità di vivere in una metropoli del XXI secolo. Ai dodici studi che partecipano all’esposizione veneziana è stato chiesto di ragionare su una tra quattro zone di Detroit, che riflettono diverse condizioni urbane. I risultati, molto diversi e per questo particolarmente stimolanti, costituiscono una mappa di opportunità e di confronto che, in prospettiva, diventa anche una cartografia potenziale di tutte le città postindustriali del nostro tempo.