Aumenta la sensibilità ambientale degli italiani. Immigrazione, disoccupazione e terrorismo, sono i temi ai primi posti nelle preoccupazioni dei cittadini, ma l’ambiente si colloca subito dopo coinvolgendo il 35% di essi, che considera gli investimenti strutturali – in primo luogo la riconversione energetica, le fonti rinnovabili e la messa in sicurezza del territorio – piuttosto che semplici interventi contingenti, gli strumenti più adatti per contrastare i danni ambientali. In altre parole, gli italiani sono sempre più orientati verso un modello di economia circolare. Lo dimostra la ricerca di Lorien Consulting, presentata durante il terzo Forum Rifiuti, organizzato a Roma da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club, con la partnership del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati. Di particolar interesse i dati rilevati. I cittadini ritengono di essere loro stessi i principali responsabili della salvaguardia dell’ambiente (57%), più di qualunque altra istituzione o realtà organizzata, e sono anche sempre più disposti a impegnarsi per un cambiamento. La gestione inefficiente dei rifiuti rientra nel novero delle più importanti minacce ambientali (28%), subito dietro a inquinamento e cambiamenti climatici (30%), inquinamento industriale di acque, terreni e aria (34%) e inquinamento atmosferico (44%). Oltre il 50% si ritiene informato sul tema della raccolta differenziata e del riciclo, che – secondo l’indagine – pratica il 93% degli italiani (di questi il 59% lo fa perché la ritiene un’azione importante, non per obbligo o per convenienza).
La ricerca coglie anche un forte orientamento degli italiani verso la circular economy, un sistema dove si recuperano i rifiuti e in cui i nuovi prodotti si realizzano attraverso materiali riciclati. Il 92% ritiene che rappresenterebbe un vantaggio economico per il Paese. “Una buona notizia – secondo la presidente di Legambiente, Rossella Muroni – che rispecchia peraltro una tendenza già in corso: nel settore dell’economia circolare il nostro paese si sta già impegnando, con progressi crescenti. Per ogni milione di euro di Pil, infatti, produciamo 42 tonnellate di rifiuti a fronte delle 65 prodotte dalla Germania per esempio, grazie alla capacità di recupero e di riuso dei rifiuti nel settore produttivo. Un settore che è piuttosto sviluppato, anche se la situazione si presenta molto diversa da regione a regione, con aree che sono campioni a livello europeo e altre che continuano a investire in discariche e inceneritori”.
“I dati che emergono dalla ricerca – ha spiegato il presidente del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, Paolo Tomasi – dimostrano la bontà del lavoro svolto in questi anni dai Consorzi di filiera insieme alle associazioni ambientaliste. Oggi – aggiunge – ben il 92% degli intervistati considera l’economia circolare un vantaggio per il Paese: un traguardo importante per chi, come il COOU, da ben 32 anni opera quotidianamente per raccogliere un rifiuto pericoloso come l’olio lubrificante usato e per trasformarlo in una nuova risorsa”. “Insieme alla sensibilità ambientale – ha detto Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto club, nel suo intervento che ha aperto la seconda giornata del Forum – ciò che cresce è la consapevolezza che l’economia circolare è anche la scelta più conveniente per il nostro sistema di imprese. Siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa, povero di materie prime. E’ evidente che gestione integrata dei rifiuti, chimica verde, green public procurement debbano essere gli strumenti per una politica industriale in grado di dare risposte alle nuove sfide di un’economia sempre più globalizzata”.