Nell’ambito della programmazione europea 2007-2013, dei 56 Grandi progetti approvati, afferenti in massima parte all’Obiettivo convergenza, per un valore complessivo di 7,634 miliardi di euro (di cui 5,582 miliardi di risorse UE), alla data del 31 dicembre 2020, solo 34 progetti risultano ultimati e in uso mentre 11 interventi sono in corso di realizzazione come Grandi progetti dell’attuale ciclo di programmazione 2014-2020 ed altri 11 (spesso ridimensionati) figurano come progetti ordinari, da realizzare nel corso della programmazione attuale, o sono stati abbandonati e rinviati al periodo 2021-2027. Pertanto, a distanza di quattro anni dalla data di presentazione delle certificazioni di chiusura del periodo di programmazione 2007-2013 (fissata al 31 marzo 2017), solo i due terzi dei Grandi progetti approvati risultano effettivamente entrati in funzione.
È quanto emerge dalla relazione conclusiva dell’indagine su “I Grandi progetti della programmazione europea 2007-2013: un bilancio d’insieme e indicazioni per il futuro”, approvata, con delibera n. 13/2021, dalla Sezione centrale di controllo per gli affari comunitari e internazionali della Corte dei conti, che ha posto l’accento sul profilo dell’effettiva fruibilità delle opere, tutte di importo superiore ai 50 milioni di euro.
L’indagine ha analizzato con schede individuali i 19 Grandi progetti già completati al 31 marzo 2017, i 10 interventi da completare tra il 31 marzo 2017 e il 31 marzo 2019 (c.d. “non funzionanti”) e i 27 progetti la cui esecuzione, rimasta parzialmente inattuata entro la scadenza del ciclo 2007-2013, è stata posta “a cavallo” di due programmazioni.
Accanto ad alcune importanti realizzazioni (tra gli obiettivi conseguiti si segnalano, ad esempio, la riduzione dei tempi di percorrenza sulle tratte ferroviarie a lunga distanza e sulle direttrici stradali, il miglioramento della qualità del trasporto locale su ferro; la disponibilità delle infrastrutture in banda larga, lo sviluppo ecosostenibile del territorio), si registra però la tendenza generalizzata a travalicare i limiti di durata di un ciclo di programmazione, rinviando nel tempo la creazione di valore per i territori interessati. Solo 9 progetti dei 34 funzionanti, hanno, infatti, visto il proprio avvio e completamento entro un unico ciclo di programmazione. Forte è la presenza di progetti retrospettivi (in tutto 15 progetti, di cui 3 non risultano ancora in uso al 31 dicembre 2020), con un peso percentuale del 35,2% sul valore della programmazione. Ad essi si aggiungono alcuni progetti “ereditati” dalla programmazione precedente 2000-2006, che incidono per il 10,7% in termini numerici e per l’1,9% in termini di volume finanziario.
L’indagine ha permesso di individuare le criticità che hanno rallentato, e in alcuni casi ostacolato, la tempestiva attuazione delle opere: lunghe procedure burocratiche, disomogeneo livello di definizione progettuale, crisi finanziaria delle ditte appaltatrici, contenziosi prolungati. Problematiche che, sotto molti aspetti, sono lo specchio di mali più generali, che affliggono la programmazione e la realizzazione delle opere pubbliche in Italia.
Con riguardo ai Grandi progetti attualmente in uso, la Corte segnala che è difficile valutarne l’effettivo apporto in termini di benessere delle collettività e di opportunità di sviluppo dei territori, poiché nella maggioranza dei casi mancano analisi volte a misurare sistematicamente sia i benefici sociali degli interventi rispetto ad una situazione di partenza nota che la durata nel tempo dei risultati raggiunti. Peraltro, per alcuni Grandi progetti entrati in funzione, l’impatto sperato risulta, ad oggi, ancora condizionato al completamento di altri interventi infrastrutturali, con i quali essi sono destinati ad integrarsi.
In prospettiva futura, la Sezione – nel segnalare l’opportunità di porre una maggiore attenzione, a monte degli interventi, all’interlocuzione preventiva con gli attori istituzionali – ha sottolineato la necessità di una radicale modifica dell’assetto istituzionale per l’impiego dei fondi, in quanto l’attuale struttura di governance risulta troppo dispersa per dare attuazione rapida agli impegni assunti in sede europea.
Fonte: Corte dei Conti