Una recente sentenza della Sezione IV del Consiglio di Stato (n. 6466 del 22 luglio 2025) fa luce su un nodo cruciale nei contratti pubblici di gestione dei rifiuti urbani: il rapporto tra il Metodo Tariffario Rifiuti (MTR) di ARERA e l’istituto della revisione prezzi in caso di proroga tecnica del servizio.
Il Collegio, presieduto da Carbone con estensore Gambato Spisani, ha respinto l’ipotesi che l’MTR possa automaticamente giustificare un aumento dei corrispettivi in favore del gestore, confermando la necessità di ricorrere all’istituto codicistico della revisione prezzi in presenza di circostanze eccezionali.
MTR: un tetto, non un prezzo imposto
Il cuore della questione risiede nella corretta interpretazione del Metodo Tariffario Rifiuti (MTR), lo strumento con cui l’Autorità per l’energia elettrica, reti e ambiente (ARERA) stabilisce il price cap, ovvero il vincolo ai ricavi per il servizio. Tale vincolo rappresenta l’importo massimo della TARI che può essere richiesto ai cittadini (il costo standard che, in linea teorica, garantisce l’equilibrio finanziario della gestione).
La sentenza precisa che la disciplina ARERA ha lo scopo di determinare i valori massimi della TARI a carico degli utenti, non di stabilire i corrispettivi contrattuali dovuti al gestore. Per questi ultimi, bisogna guardare all’offerta presentata in sede di gara dall’affidatario stesso. L’MTR fissa un tetto massimo, non un prezzo imposto, e “ciò non significhi affatto che ogni prezzo fissato in diminuzione non garantisca l’equilibrio stesso”.
Revisione prezzi: l’unica via per il riequilibrio
Qualora il corrispettivo pattuito in gara dovesse diventare inadeguato a causa di circostanze eccezionali (ad esempio, aumenti imprevisti dei costi), il Consiglio di Stato ha stabilito che l’unico strumento a cui ricorrere è la revisione prezzi, disciplinata dal Codice dei contratti pubblici (oggi art. 60 del D.Lgs. n. 36/2023).
L’opposta tesi, sostenuta dall’appellante, che equiparava l’MTR alla revisione prezzi, è stata disattesa poiché avrebbe portato a una tacita abrogazione dell’istituto della revisione prezzi, limitata ingiustificatamente ai soli appalti con tariffazione a price cap, creando una disparità di trattamento di dubbia costituzionalità.
In sostanza, mentre l’ARERA vigila affinché i costi sostenuti dai cittadini non superino un livello di efficienza, l’Amministrazione deve applicare le regole della contrattualistica pubblica per riequilibrare i costi del gestore se questi, per eventi straordinari e imprevedibili, rendono il corrispettivo originario iniquo.
La pronuncia conferma l’orientamento già espresso dal TAR Lombardia (sent. n. 3591/2024), ribadendo che la disciplina ARERA può operare una eterointegrazione (sostituzione automatica) del contratto solo in diminuzione (per abbassare i costi al di sotto del price cap se ritenuti inefficienti), ma non in aumento rispetto ai corrispettivi pattuiti, in quanto ciò andrebbe contro la finalità regolatoria di garantire “condizioni di efficienza ed economicità della gestione”.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it