La transizione digitale è la sfida del nostro tempo, soprattutto per le pubbliche amministrazioni che, alle prese con normative talora farraginose e complesse, sono assillate dal must dell’efficienza. Rispondere alle esigenze dei cittadini con servizi tempestivi e puntuali è, infatti, l’imperativo categorico del momento: una sfida che costa impegno e fatica.
Ecco perché la nomina del responsabile per la transizione al digitale, prevista dalla legge, è per i Comuni compito importante al quale adempiere con diligenza.
Anche in questo caso seguire correttamente la procedura contemplata dalle norme non è operazione banale e, a volte, essa può dar luogo a fraintendimenti ed errori di percorso. Di qui l’azione di orientamento e chiarimento che il servizio Anci risponde (qui tutti i dettagli sul servizio stesso) sta sviluppando nei confronti dei Comuni, affinché tutto si svolga legittimamente e nel miglior modo possibile.
Gli esperti del Servizio segnalano in primis, in un parere reso sul tema, che la Circolare del Ministro per la Pubblica Amministrazione n.3 dell’1/10/2018 – emanata per sollecitare tutte le Amministrazioni Pubbliche a individuare al loro interno il Responsabile per la Transizione al Digitale (RTD) previsto dal CAD- costituisce un’utile guida per gli enti che, nonostante l’obbligo di effettuare tale adempimento a partire dal 14 settembre 2016 (art. 17 CAD), non vi abbiano ancora provveduto.
Occorre smentire l’opinione –ribadiscono – che si tratti di un ulteriore adempimento burocratico e non di una figura essenziale, chiamata a svolgere un ruolo centrale per la concreta applicazione nei territori degli indirizzi dettati dall’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale). Per questa ragione la figura dell’RTD è di nomina del vertice dell’Amministrazione, quindi di emanazione diretta del Sindaco e della Giunta. Da tale premessa – avvertono gli esperti – discendono alcune logiche conseguenze:
– in quanto ufficio dirigenziale (per legge) il Responabile della transizione Digitale è sovraordinato, nelle sue attività, alle altre figure apicali, compreso il Segretario Generale.
– in quanto figura interna all’Amministrazione non può essere un consulente esterno.
– deve essere dotato di competenze in materia organizzativa/manageriale, informatica e di informatica giuridica.
– occorre evitare l’errore di far ricadere la nomina sulle seguenti tre tipologie di soggetti come i responsabili dei CED o “dell’informatica”; i Segretari Generali; i dipendenti privi di specifiche competenze.
Spiegano ancora gli esperti di Anci Risponde che nell’ambito della P.A. non è consueto imbattersi in figure professionali in grado di sommare le competenze informatiche a quelle organizzative/manageriali. Ricordano, tuttavia, che lo stesso CAD prevede la possibilità per le amministrazioni diverse da quelle statali di esercitare le funzioni di RTD anche in forma associata. Tale opzione organizzativa, raccomandata specialmente per le PA di piccole dimensioni, può avvenire in forza di convenzioni o, per i Comuni, anche mediante l’unione di Comuni. La convenzione disciplinerà anche le modalità di raccordo con il vertice delle singole amministrazioni. Le funzioni dovranno riguardare un unico ufficio dirigenziale, fermo restando il numero complessivo degli uffici.
Come dovrà comportarsi il RTD una volta nominato? Con chiarezza gli esperti del Servizio Anci Risponde ne riepilogano funzioni, compiti e obblighi. Il Responsabile della Transizione Digitale dovrà quindi:
1) rispondere direttamente all’organo di vertice politico (nel caso dei Comuni al Sindaco) o, in sua assenza, a quello amministrativo dell’ente (Segretario comunale);
2) porre in essere tutte le azioni necessarie per la realizzazione di servizi pubblici rivisitati in un’ottica che ne preveda la piena integrazione con le nuove tecnologie;
3) pianificare e coordinare gli acquisti di soluzioni e sistemi informatici, telematici e di telecomunicazione, al fine di garantirne la compatibilità con gli obiettivi di attuazione dell’agenda digitale e con quelli stabiliti nel piano triennale;
4) garantire la piena operatività della propria attività, costituendo tavoli di coordinamento con gli altri dirigenti dell’amministrazione, proponendo l’adozione di circolari e atti d’indirizzo sulle materie di propria competenza (ad esempio in materia di approvvigionamento di beni e servizi);
5) (potrà) avvalersi dei più opportuni strumenti di raccordo e consultazione con le altre figure coinvolte nel processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione (responsabili per la gestione, responsabile per la conservazione documentale, responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza, responsabile per la protezione dei dati personali).
In conclusione, gli esperti segnalano che la figura del “Difensore civico per il digitale” per ciascuna pubblica amministrazione, non è più necessaria in quanto la nuova versione del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) ha introdotto il Garante Unico per i diritti digitali, correggendo la precedente versione che prevedeva un difensore civico per ogni pubblica amministrazione. Si tratta, quindi, di unica figura unica per tutto il territorio nazionale (art.17, comma 1-quater del CAD con le modifiche introdotte dal Decreto Legislativo n. 217 del 13 dicembre 2017 entrato in vigore il 27.01.2018), potendosi avvalere del Difensore Civico Digitale unico e indipendente istituito presso l’AgID.
QUI IL PARERE COMPLETO ANCI RISPONDE