Il Comune di Pontoglio è stato condannato a pagare oltre 5mila euro per l’installazione, ai vari ingressi del paese, di cartelli con sopra la scritta “Pontoglio è un paese a cultura occidentale di profonda tradizione cristiana, chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene”.
Denunciato dalla Fondazione Guido Piccini e dall’Asgi (associazione studi giuridici sull’immigrazione) il Comune è stato riconosciuto colpevole di “discriminazione collettiva” nei confronti degli immigrati e di chiunque professi una religione diversa da quella cristiana. L’ordinanza della Terza sezione civile del Tribunale di Brescia è firmata dal giudice Andrea Tinelli che ha riconosciuto la tesi delle due onlus che “hanno evidenziato la contrarietà dei predetti cartelli alle disposizioni del codice della strada e ne hanno affermato il carattere discriminatorio per motivi religiosi ed etnici”.
Le associazioni chiedevano l’accertamento della discriminazione, la rimozione dei cartelli, la pubblicazione del provvedimento e l’adozione di un piano di rimozione, oltre alla sostituzione dei vecchi cartelli con nuove indicazioni: “siate i benvenuti qualunque sia la vostra religione, la vostra cultura, la vostra origine etnica, la vostra condizione sociale”. Per evitare la condanna, il Comune ha fatto presente di aver rimosso i cartelli “incriminati” ma questo non e’ bastato ad evitare l’ordinanza finale.
Nelle motivazioni del ricorso firmato dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri dell’Asgi si fa riferimento agli articoli della Costituzione che affermano la libertà di professare qualsiasi religione e la laicità dello Stato, due principi che, secondo il ricorso, erano decisamente violati dai cartelli voluti dal Comune di Pontoglio.
Il giudice ha riconosciuto la fondatezza delle obiezioni, sottolineando che il fatto dell’appartenenza alla “tradizione cristiana” non può “essere strumentalizzato da un ente pubblico per ostacolare o condizionare, foss’anche nella semplice forma della persuasione, il libero esercizio dei diritti costituzionali da parte di coloro che non si riconoscono nel substrato culturale”.