Ormai non è raro vedere il cartello ‘vendesi’ su immobili di proprietà comunale. Specialmente in momenti di crisi ex scuole, caserme e terreni possono servire a rimpinguare le casse comunali, che non vivono solo di entrate ordinarie come imposte e tasse. Molte città hanno così deciso, in questo particolare momento storico, di cedere parte del loro patrimonio per mettere in ordine i conti dell’ente.
I comuni italiani dispongono di un patrimonio immobiliare molto vario, sicuramente unico al mondo: palazzi storici, uffici pubblici, terreni, siti produttivi. A questo si aggiunge il patrimonio mobiliare, dagli automezzi alle partecipazioni societarie.
In momenti di difficoltà finanziaria, la vendita di queste proprietà diventa un modo rapido per fare cassa. In altri casi, un’amministrazione può decidere che la proprietà di determinati beni non sia più strategica – e che, al contrario, sia più utile per la comunità reinvestire il denaro incassato in altre spese o servizi.
Quale che sia la motivazione politica della vendita, l’incasso va a finire nella voce “alienazione di beni patrimoniali“. Utilizzando la propria piattaforma Openbilanci ha esaminato, a partire dal bilancio consuntivo del 2013, quanto hanno guadagnato pro capite le 15 maggiori città italiane.
La prima in classifica, di gran lunga, è Venezia: le entrate da alienazioni del patrimonio ammontano a circa 200 euro per ogni abitante . La città lagunare, per il secondo anno consecutivo, si conferma capolista.
Al secondo posto Firenze, con € 73,4 di incassi da alienazioni per ogni residente , seguita da Verona (€ 26,67) e Torino (€ 25,5).
Le città che hanno incassato meno con questo tipo di operazioni sono: Milano (€ 3,77 pro capite), Napoli (€ 2,13), Catania (€ 1,47) e Palermo (€ 0,31).