La Corte di Cassazione ha fatto luce sui confini del principio di proporzionalità in relazione all’ordine di demolizione per opere edilizie abusive. Con la sentenza n. 23457 del 16 aprile 2025 (Sez. 3 penale), i giudici supremi hanno stabilito che questo principio non può far venir meno la demolizione di un immobile costruito illegalmente, ma serve a modularne l’esecuzione.
Demolizione è “doverosa” con la condanna
Secondo la Cassazione, l’ordine di demolizione è una conseguenza diretta e doverosa della condanna per reati edilizi. Il principio di proporzionalità, pertanto, non può essere invocato per annullare definitivamente la misura.
I giudici chiariscono che il principio entra in gioco solo dopo la sentenza di condanna, per definire le modalità più adeguate di esecuzione della demolizione. Nello specifico, la proporzionalità serve a:
- Delimitare l’oggetto: Stabilire l’esatta perimetrazione dell’opera da abbattere, per intervenire solo sull’abuso.
- Definire i tempi: Assicurare che l’abbattimento avvenga nel rispetto degli interessi tutelabili dell’autore dell’illecito, del proprietario o del loro nucleo familiare.
Quando si evita la ruspa? Solo con incompatibilità giuridica
La Cassazione ha ribadito che i casi in cui l’ordine di demolizione può essere definitivamente caducato non sono legati al principio di proporzionalità, ma all’intervenuta adozione di provvedimenti giuridicamente incompatibili con l’abbattimento.
Questi provvedimenti, che di fatto ‘salvano’ l’immobile, sono essenzialmente due:
- Sanatoria: L’ottenimento di una delle diverse forme di sanatoria previste dalla legge.
- Destinazione a uso pubblico: La corretta ed effettiva destinazione ad uso pubblico dell’opera abusiva, come stabilito dall’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia).
In sintesi, la Suprema Corte ha ribadito la centralità dell’ordine di demolizione come sanzione per l’abusivismo, confinando il principio di proporzionalità a un ruolo di “garante” delle modalità operative, senza poter intaccare l’obbligo di ripristinare la legalità urbanistica.
Fonte: Ufficio Massimario della Corte di Cassazione