Lo scorso anno in Italia vi è stato l’aumento del 489% degli arrivi di riso dal Vietnam e del 46% dalla Thailandia. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti su elaborazione dei dati Istat, dove viene evidenziato che nell’anno appena trascorso è stata registrata un’impennata del 21% delle importazioni di riso, che secondo i dati del sistema di allarme rapido comunitario (Rasff) ha fatto scattare 12 allarmi sanitari da contaminazione per il riso e prodotti ad esso affini, provenienti da Paesi extracomunitari. Le partite che potrebbero mettere a rischio la salute dei cittadini, riguardano la presenza di residui antiparassitari, di aflatossine cancerogene o altri agenti tossici, infestazioni da insetti, livelli fuori norma di metalli pesanti o la presenza di Ogm vietati in Italia e in Europa.
Le aflatossine derivano dal metabolismo secondario di alcuni ceppi fungini di aspergillus flavus e aspergillus parasiticus, che si sviluppano sia durante la coltivazione che nel periodo del raccolto e dell’immagazzinamento. Le aflatossine vengono prodotte essenzialmente su substrati ricchi di carboidrati e mentre le aflatossine B1 e B2 scaturiscono dall’A. flavus e dall’A. parasiticus, le G1 e G2 sono prodotte solo da quest’ultimo. La presenza d’insetti, inoltre, spesso coincide con alti livelli di aflatossine specie nel caso della piralide del mais e del riso appunto, in quanto gli insetti sono da considerare tra i maggiori responsabili della contaminazione sia per la veicolazione delle spore fungine, sia per il danneggiamento alla pianta con un’aumentata condizione di stress che accresce il rischio di esposizione della stessa all’attacco fungino.
In Italia i controlli sono assai rigorosi, ma la stessa cosa non si può dire rispetto a molti Paesi extraeuropei. La nostra Penisola è ad oggi il primo produttore europeo di riso, con un territorio coltivato di 237.000 ettari, un ruolo ambientale insostituibile e opportunità occupazionali. Il riso made in Italy è un’eccellenza di qualità che va difesa con la necessità di indicare sull’etichetta la provenienza, la trasparenza dei nomi delle industrie che utilizzano invece riso straniero e con maggiori controlli.