Da anni, l’emergenza profughi costringe a effettuare calcoli che vanno al di là delle persone intese come esseri umani segnati da storie e speranze. Le difficoltà oggettive che si devono affrontare quando si accolgono migranti sono sempre ormai riconducibili a stime oggettive: quanti pasti, quanti richiedenti asilo, quante strutture? Non è un problema facile da risolvere, e spesso si intreccia con le istanze della politica che esasperano certi numeri o li minimizzano.
Il progetto de ‘La stampa’ è nato dopo che, nei giorni scorsi, molti Sindaci, schiacciati sotto il peso di una questione complessa e più grande di loro, hanno lanciato un grido di allarme: «Sono troppi, non ce la facciamo più», hanno protestato. Nell’occhio del ciclone è finito quel sistema dell’emergenza che permette ai prefetti di imporre alle amministrazioni comunali di farsi carico di un certo numero di richiedenti asilo. Alle proteste il Ministro Alfano ha risposto approntando un piano che preveda una distribuzione più equa delle «quote»: due o tre persone ogni mille abitanti è l’obiettivo. Ma è fattibile? E come impatterà sul Paese? Per scoprirlo sono andati a controllare la situazione di oggi. I dati sono la fotografia del 20 luglio scorso.
Si parte dalla dimensione del fenomeno, i richiedenti asilo e rifugiati gestiti attraverso le prefetture sono 101.113. Se si calcola che quelli accolti dallo Sprar, la rete di enti che volontariamente mette a disposizione posti e progetti di integrazione, sono stati 29.000 nell’intero 2015, possiamo già stabilire un primo dato di fatto: la programmazione è ben lungi dal gestire l’emergenza. Si viaggia quasi sempre nell’eccezionalità. Questo ha creato, in mancanza di una programmazione e della creazione di centri attrezzati, uno dei temi al centro del dibattito politico: l’uso di alberghi e strutture ricettive. I richiedenti asilo e rifugiati attualmente ospitati in hotel, bed&breakfast e quant’altro sono 10.543, il 10% del totale. Tutte le strutture, 266 in tutto il Paese, sono convenzionate con le prefetture.
Le difficoltà ci sono, le proteste anche, ma l’accoglienza in emergenza è un problema che la maggior parte delle città nemmeno conosce. Su 8000 Comuni italiani, solo 2026 si sono visti attribuire migranti dal Viminale, uno su quattro. Quelli che però li accolgono lo fanno oltre la propria capacità. Sul totale dei migranti accolti, ci sono 3000 posti disponibili in meno. Solo cinque regioni non sono al completo: Lazio, Molise, Sardegna, Sicilia e Valle d’Aosta. Per il resto ci sono regioni, come la Basilicata, dove l’accoglienza ha superato del 13,4% i posti disponibili.
La distribuzione è quindi molto squilibrata. Nella mappa virtuale realizzata, si è partiti dall’obiettivo del governo (2,5 persone ogni mille abitanti) e si è provato a vedere in che situazione siamo oggi. I paesi in verde e giallo rientrano nelle previsioni del Viminale, quelli in rosso vanno oltre. Sono 1170 su 2026 quelli che superano l’obiettivo, con ampie oscillazioni. Non sarà facile per il Viminale attuare un programma come quello allo studio. L’obiettivo di una redistribuzione più equa è giusto a livello teorico, ma dovrà rispondere alle esigenze di territori come il Veneto, che non vuole accogliere assolutamente nuovi migranti pur avendo numeri molto al di sotto di altre regioni, e anche di realtà come Brognaturo, dove invece l’arrivo di richiedenti asilo è visto come una benedizione. Siamo un Paese molto diversificato. E forse una media aritmetica applicata in modo automatico non appare la risposta più adatta.