I tanti Sindaci alla sfilata del 2 giugno hanno dato dell’Italia il volto delle nostre città e dei nostri paesi, quel volto di bellezze e umanità, che il mondo ci invidia. Con loro il Presidente Decaro, idealmente alla testa del corteo. Si è vista una nazione che non si consegna alla povera ritualità di una qualunque cerimonia pubblica, ma rappresenta se stessa, nel giorno di gloria e di festa della Repubblica, come patria comune di tutti gli italiani. Con le loro fasce tricolori, i Sindaci hanno colorato di popolo e di istituzioni il corteo che una volta, tra Colosseo e Altare della Patria, deteneva solo il crisma della esibizione militare.
In questo scenario, con simboli di pace anche sui blindati delle forze armate, ha trovato posto lo stendardo azzurro-oro dell’Anci, recante il disegno stilizzato delle nostre torri municipali. Ormai non è una novità, anzi incomincia a definirsi come tradizione. Eppure, anzitutto per noi che viviamo l’esperienza di questa Associazione, fa sempre effetto vedere sullo schermo televisivo l’immagine che identifica la solidarietà e la cooperazione dei quasi ottomila Comuni d’Italia. Senza retorica, di questo si può e si deve essere orgogliosi.
L’Anci vive di alterne fortune, come ogni pubblico organismo rappresentativo. Ci sono fasi, del resto, che sembrano dominate dal tran tran burocratico e dalla tentazione dell’ordinarietà, a sigillo malinconico del bisogno di sicurezza che spesso attanaglia chi detiene responsabilità. Sono fasi transitorie, per qualche verso sottomesse al gioco della necessità: ci sono alti e bassi, per dirla un po’ alla buona. Tuttavia, se i Sindaci ai Fori hanno suscitato in noi un giusto sentimento di commozione, nondimeno occorre stare vigili di fronte al rischio di adduggiarsi nel lamento per quanto di fragile o inadeguato ruota attorno all’esperienza delle autonomie.
Importante è spingere nella direzione che serve a invertire la rotta, quando questa ci delude. Dobbiamo avere fiducia nel valore di ogni contributo, anche modesto in apparenza e senza plauso, perché nonostante tutto nella rappresentazione del dinamismo della politica e dell’amministrazione locale risiede sempre una scintilla che alimenta, a dispetto delle difficoltà del momento, il fuoco dell’Italia delle “cento città”.
P.S. L’articolo vuole essere un piccolo tributo di vicinanza verso tutti i dipendenti di Ancitel, alle prese con le incertezze sul destino dell’azienda. La nomina, il primo giugno, di un nuovo amministratore delegato può iscriversi nel cerchio della continuità di azione per ridare smalto e vigore all’azienda. A Franco Minucci, che sostituisce Stefano De Capitani, passato a dirigere un’importante società di servizi potenzialmente alleata di Ancitel, vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro.