Via libera alla Camera al Whistleblowing, la norma che rafforza in chiave anticorruzione la tutela del segnalante di illeciti. La nuova legge, che ora passa al Senato, integra e amplia l’attuale disciplina prevista dalla legge Severino: da un lato infatti implementa la norma già vigente per gli impiegati pubblici includendo gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato sotto controllo pubblico, dall’altro allarga la tutela al settore privato inserendo specifici obblighi a carico delle società nei modelli organizzativi previsti dalla 231. Ecco, in sintesi, le principali novità.
Whistleblower più garantito. Il dipendente che in buona fede segnala ai responsabili anticorruzione, all’Anac o ai magistrati ordinari e contabili illeciti che abbia conosciuto in ragione del rapporto di lavoro non potrà essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altre misure ritorsive. L’Anac applicherà al responsabile di atti discriminatori una sanzione pecuniaria amministrativa fino a 30mila euro.
Segnalazioni in buona fede. La buona fede, esclusa se il segnalante agisce con dolo o colpa grave, implica una segnalazione circostanziata e la ragionevole convinzione, fondata su elementi di fatto (anche documenti), che la condotta illecita si sia verificata.
Segretezza identità. E’ vietato rivelare l’identità del whistleblower, ma non sono ammesse segnalazioni anonime. Il segreto sul nome, in caso di processo penale, non può comunque protrarsi oltre la chiusura delle indagini preliminari. L’Anac predisporrà linee guida sulle procedure di presentazione e gestione delle segnalazioni promuovendo anche strumenti di crittografia quanto al contenuto della denuncia e alla relativa documentazione per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante.
Clausola anti-calunnie. Ogni tutela salta nel caso di condanna del segnalante in sede penale (anche in primo grado) per calunnia, diffamazione o altri reati commessi con la denuncia. Se si accerta l’infondatezza della segnalazione o la mancanza di buona fede scatta inoltre il procedimento disciplinare e l’eventuale licenziamento in tronco.
Tutela allargata al settore privato. La tutela del whistleblower vale per tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi gli enti pubblici economici e quelli di diritto privato sotto controllo pubblico, e si applica (indipendentemente dal tipo di contratto) pure a consulenti e collaboratori e a chi lavora in imprese che forniscono beni e servizi alla Pa. Ma si estende anche al settore privato prevedendo che nei modelli organizzativi e di gestione, predisposti dalle società ai sensi del decreto 231/2001 per prevenire la commissione di reati, siano inserite anche norme specifiche a tutela della riservatezza di chi segnala illeciti e contro eventuali misure ritorsive e discriminatorie.