Con la sentenza N. 140/18 della Corte costituzionale depositata ieri la Corte Costituzionale stabilisce che «Gli immobili abusivi, una volta entrati nel patrimonio dei comuni, devono essere demoliti e solo in via eccezionale, attraverso una valutazione caso per caso, possono essere conservati». Una sentenza che «Alla luce di questo principio fondamentale del “governo del territorio”, contenuto nel Testo unico sull’edilizia, ha dichiarato «incostituzionali le disposizioni della legge della Regione Campania n.19/2017 sulla conservazione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio dei comuni, là dove consentivano ai comuni stessi di non demolire questi immobili – in particolare locandoli o alienandoli anche ai responsabili degli abusi – senza attenersi al principio fondamentale del Testo Unico sull’edilizia».
Infatti, secondo la Corte, «Il legislatore statale, “in considerazione della gravità del pregiudizio recato all’interesse pubblico” dagli abusi urbanistico-edilizi, ne ha imposto la rimozione – con il conseguente ripristino dell’ordinato assetto del territorio – “in modo uniforme in tutte le Regioni”. Quanto alla possibilità di locare o alienare gli immobili acquisiti al patrimonio comunale a seguito dell’inottemperanza all’ordine di demolizione – qualunque sia il soggetto destinatario (occupante per necessità oppure no) –, l’articolo 2, comma 2, della legge Campania n. 19/2017 la rendeva un “esito normale”, ma così facendo violava il principio fondamentale della demolizione nonché quello della conservazione, in via eccezionale, soltanto se, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, vi sia uno specifico interesse pubblico prevalente rispetto al ripristino della conformità del territorio alla normativa urbanistico-edilizia, e sempre che la conservazione non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico».
Secondo la Giunta della Regione Campania, a questo punto, è necessaria una disciplina: “La Consulta ha dichiarato la illegittimità della legge regionale della Campania – laddove consente la locazione o alienazione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio del Comune e non demoliti a favore dell’occupante di necessità – per contrasto con l’art. 117 terzo comma della Costituzione, ritenendo che la disciplina regionale sia disallineata dal sistema sanzionatorio previsto dalla normativa nazionale”. Così una nota della giunta regionale della Campania.
“Come precisa la Consulta, la stessa legge nazionale prevede la facoltà dei Comuni di non demolire le opere abusive. Pertanto la Regione Campania, ritenendo necessaria una disciplina che affronti la problematica, sottoporrà all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni, del Governo e dei gruppi parlamentari, l’adozione di ogni misura all’interno del quadro normativo nazionale, visti gli importanti profili di giustizia sostanziale coinvolti”, conclude la nota.
A parere del WWF la sentenza della Consulta è una vittoria della legalità: “La sentenza della Corte costituzionale (a N. 140/18) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme campane che consentivano ai comuni di non procedere alle demolizioni e di affittare o addirittura alienare l’immobile abusivo allo stesso costruttore abusivo, non solo rappresenta un successo per tutti coloro che si battono contro l’abusivismo edilizio e per curare le ferite del territorio, ma è una vittoria della legalità e del buon senso”. Questo il commento del WWF Italia che aveva immediatamente contestato la legge regionale 22 giugno 2017, n.19 ritenuta dall’associazione “un pericolosissimo passo indietro sul cemento illegale”.
La sentenza della Consulta per la ong “conferma e rafforza un elemento di chiarezza sull’abusivismo edilizio che, in quanto reato penale, riguarda tutti i cittadini di tutte le regioni, senza alcuna distinzione. Ne consegue, quindi, che la competenza sull’abusivismo edilizio non può che essere statale, come il WWF aveva segnalato nelle argomentazioni inviate prima alla Regione Campania e poi al Governo per chiedere che fosse impugnata la legge regionale”.
“Le norme dichiarate oggi incostituzionali – conclude il WWF – rischiavano di essere un pericolosissimo precedente dando un possibile avvio a sanatorie regionali “fai da te”, incentivando inevitabilmente nuovi abusi per dinamiche a tutte note e stradocumentate”.