La Corte di Cassazione (Sezione 1 penale, Sentenza n. 23723 del 20/06/2025) ha stabilito un importante principio in materia di DASPO urbano, la misura di prevenzione che può vietare l’accesso a locali pubblici. I giudici hanno chiarito che la convalida del provvedimento da parte del Giudice per le indagini preliminari (GIP) non può essere un atto automatico, ma richiede una valutazione completa e rigorosa di tutti i presupposti di legittimità.
La sentenza, che fornisce un freno all’eccessiva discrezionalità, sottolinea come la convalida sia strettamente subordinata alla verifica di quattro criteri essenziali:
- Necessità e Urgenza: Devono sussistere ragioni che giustifichino l’azione immediata del Questore.
- Pericolosità Concreta e Attuale: Il soggetto colpito deve manifestare una pericolosità non solo potenziale, ma attuale e ben definita.
- Attribuzione delle Condotte: Le azioni addebitate devono essere provate e ricondotte chiaramente alle ipotesi previste dall’art. 13-bis del D.L. n. 14/2017 (la norma che regola il DASPO urbano).
- Congruità della Durata: La limitazione imposta deve avere una durata proporzionata alla pericolosità e alle condotte.
Il caso specifico: l’obbligo di firma ritenuto eccessivo
Il principio è emerso da una fattispecie in cui il GIP aveva negato la convalida del provvedimento del Questore nella parte relativa all’obbligo di presentazione settimanale a un ufficio di polizia giudiziaria.
Pur avendo convalidato il divieto di frequentare locali di somministrazione tra le 18:00 e le 6:00 (il DASPO vero e proprio), il giudice ha ritenuto che l’ulteriore obbligo di firma fosse sproporzionato e non giustificato dalle condotte di pericolosità sociale rimproverate al soggetto.
La Cassazione, confermando questa linea, ribadisce che ogni limitazione della libertà personale, anche se disposta in via preventiva, deve essere motivata e bilanciata. In sintesi, per imporre le misure più restrittive del DASPO, come l’obbligo di comparire in polizia, non bastano le condotte passate, ma è necessaria una pericolosità attuale che le giustifichi.
Fonte: Ufficio massimario della Corte di Cassazione