Oltre 244 miliardi di euro di valore della produzione, pari al 7,9% del totale nazionale e 1,5 milioni di occupati, in particolare nella filiera agro-alimentare, con un contributo dell’industria bio-based superiore a 20 miliardi di euro. Sono questi i numeri della bioeconomia in Italia che fotografa il secondo Rapporto sulla Bioeconomia in Europa, presentato a Torino da Intesa Sanpaolo e Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che fa parte di Federchimica. Sulla base delle tecnologie attualmente esistenti, le produzioni chimiche potenzialmente trasformabili in biochimiche sono poco meno del 40%. Uno sguardo a livello globale evidenzia il peso importante dei prodotti bio-based nel commercio globale: le esportazioni di prodotti afferenti alla bioeconomia, ammontavano nel 2014 a 2.400 miliardi di dollari circa, ovvero il 12,6% del commercio mondiale, una quota in netta espansione rispetto al 9,8% del 2007. I prodotti alimentari, con quasi 1.115 miliardi, pesano per il 46% circa sul totale delle esportazioni di prodotti della bioeconomia. La filiera agro-alimentare nel suo complesso raggiunge i due terzi del totale, seguita dai prodotti della biochimica, che pesano per il 14,5% delle esportazioni. I numeri, commenta Leonardo Vingiani, direttore di Assobiotec, «testimoniano che la bioeconomia è già una realtà importante nel nostro paese» e «Assobiotec chiede da tempo che anche l’Italia si doti di una strategia nazionale per la bioeconomia, fondata su casi di studio dimostrativi che abbiano dato prova di essere vitali e sostenibili. Tali casi di studio devono essere considerati come un modello da cui sviluppare politiche in sinergia con le aree locali e le loro specificità». «È importante – ha aggiunto Vingiani – che la strategia italiana sulla bioeconomia, parte integrante del nuovo paradigma dell’economia circolare, si concentri su incentivi a sostegno sia della ricerca sia dell’acquisto di prodotti verdi nella pubblica amministrazione oltre che su un sistema di standard a cui conformarsi e di etichettature sul modello del Programma Biopreferred promosso dal Dipartimento dell’Agricoltura negli Stati Uniti». Secondo Stefania Trenti, della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo «lo sviluppo di un’economia che cresca rispettando l’ambiente e riducendo la dipendenza da risorse non rinnovabili deve essere una priorità anche per il nostro paese, favorendo la crescita di ulteriori realtà innovative oltre a quelle già presenti». Per raggiungere questo obiettivo, aggiunge Trenti, «diventerà sempre più cruciale la produzione di biomassa, che negli ultimi anni ha registrato invece in Italia una contrazione sia in termini assoluti che pro-capite. Sarà importante innalzare la produttività, ma anche un recupero delle superfici utilizzate e, soprattutto, un migliore sfruttamento dei residui delle lavorazioni già esistenti, in una logica di filiera e di crescente circolarità dei sistemi produttivi». Secondo il rapporto, uno sviluppo delle produzioni biochimiche nel nostro paese, tale da portare al 20% il loro peso sulle produzioni settoriali, creerebbe un fabbisogno aggiuntivo di biomassa pari ad uno 0,4% medio annuo.