L’Istat rilascia nuovi risultati del 7° Censimento generale dell’Agricoltura che aggiungono elementi di valutazione alla fotografia del settore agricolo, dal 7 gennaio al 30 luglio 2021, il censimento su tutte le aziende agricole presenti in Italia (1.133.023) ha raccolto informazioni su: numero di aziende, utilizzo dei terreni, allevamenti, manodopera impiegata, attività svolte. Dai nuovi dati emerge come l’agricoltura italiana si stia orientando verso un modello gestionale più moderno rispetto al passato e tra gli sforzi di dinamismo e gli ostacoli si rileva un dato rilevante: la presenza dei giovani nel settore agricolo.
Gli ultimi dati indicano la flessione del 20% delle aziende guidate da under 35 negli ultimi 10 anni: nel 2020 sono 104.886, erano 186.491 nel 2010, anche i giovani imprenditori (fino a 40 anni) non riescono ancora a decollare: rispetto al 2010, nel 2020 la percentuale di aziende agricole con capo azienda giovane è scesa dall’11,5% al 9,3%.
Ma il dato rilevante è che i capo azienda giovani tendono a guidare tipologie di aziende caratterizzate da alcuni fattori identificativi: aziende più grandi della media, con terreni in affitto e non di proprietà, con almeno un’attività connessa, propense alla pratica biologica e alla commercializzazione dei prodotti aziendali, estremamente digitalizzate (le aziende informatizzate dei giovani sono il 33,6% contro il 14% dei non giovani) e innovative (il 24% dei giovani ha realizzato innovazioni contro il 9,7% dei non giovani).
Inoltre, il capo azienda giovane ha un titolo di studio più elevato della media (solo 1 su 5 non va oltre la licenza elementare, rispetto ai 3 su 5 tra i capo azienda over 40) e frequenta corsi di aggiornamento (il 46,5% ha frequentato almeno 1 corso di formazione; fra gli over 40, il 27%).
Dunque, le imprese agricole giovani sono digitalizzate, multifunzionali e competitive, ma troppo poche per tenere il passo con un settore che offre invece molte potenzialità. In generale ci sono meno aziende agricole ma più grandi, meno terreni di proprietà, più multifunzionalità; ma anche maggiori difficoltà nei processi di innovazione rispetto agli altri settori economici: ritardo nella digitalizzazione, inadeguata formazione professionale del capo azienda, forti discrepanze territoriali.