Il Consiglio di Stato, Sezione Seconda, con la sentenza n. 7996 del 13 ottobre 2025, ha fornito importanti chiarimenti sui presupposti per la decadenza dagli incentivi energetici disposta dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), in particolare riguardo al peso della documentazione incompleta o contraddittoria e alla qualificazione dell’abuso del diritto.
Il termine per la decadenza non è retroattivo
Sulla tempistica dell’azione amministrativa, i giudici hanno ribadito che il termine di cui all’articolo 21-nonies della legge n. 241/1990 (che regola l’annullamento d’ufficio) si applica alla decadenza dagli incentivi solo a partire dalla sua introduzione, e non retroattivamente all’adozione dell’atto. Se l’amministrazione è rimasta inerte per un periodo di tempo già irragionevole prima dell’entrata in vigore della norma, questa non può sanare la precedente inerzia.
Autoresponsabilità del richiedente e falso innocuo
Il Consiglio di Stato ha chiarito che i principi che regolano la decadenza, pur richiamando l’articolo 21-nonies della L. 241/90, assumono un rigore maggiore a causa della centralità del principio di autoresponsabilità del soggetto che presenta dichiarazioni e documenti per accedere ai benefici.
In applicazione di questo principio:
- Lo scrutinio dell’elemento soggettivo, inclusa l’eventuale buona fede del dichiarante, è ritenuto sostanzialmente neutrale.
- Non è configurabile il falso innocuo: il GSE non ha l’onere di dimostrare l’intento fraudolento alla base di un quadro non reale, ma deve solo rilevarne la conseguenza finale sulla legittimità dell’incentivo.
Violazioni minori e decadenza
La decurtazione percentuale degli incentivi, in alternativa alla decadenza totale prevista dall’art. 42, comma 3, del D.Lgs. n. 28/2011, si configura come una sanzione minore. Questa misura è applicabile solo in caso di violazioni di minore entità, quando la salvaguardia parziale della situazione è compatibile con le esigenze pubbliche. È esclusa, invece, per le violazioni che sono rilevanti ai fini dell’ottenimento dell’incentivo.
L’artato frazionamento è abuso del diritto
La sentenza ha confermato che l’artato frazionamento degli impianti costituisce un abuso del diritto nel settore degli incentivi per le fonti rinnovabili e rientra tra le violazioni rilevanti ai fini della decadenza.
Per “artato frazionamento” si intende la pratica di dividere un unico impianto in due o più di taglia più piccola per ottenere incentivi non dovuti o in misura maggiore. Questa pratica:
- Elude le regole di settore.
- Conferisce un vantaggio non spettante.
- Pregiudica gli altri operatori economici che hanno rispettato le regole, vanificando la finalità della distribuzione di risorse pubbliche scarse.
La prova dell’artato frazionamento può essere raggiunta attraverso presunzioni semplici, ricavate da fatti gravi, precisi e concordanti, come la contestualità delle richieste, la contiguità e l’analoga potenza degli impianti, l’identità del soggetto responsabile e il successivo accorpamento delle particelle catastali.
Fonte: Ufficio massimario del Consiglio di Stato