“Nessun processo di riforma fiscale in senso federale può prescindere dall’affermazione di un principio semplice ma violato sistematicamente: l’uniformità dei diritti e l’eguaglianza di tutti i cittadini dovunque essi risiedano sul territorio nazionale”. Sono le parole pronunciate ieri dal ministro Mara Carfagna nel corso dell’audizione che l’ha vista protagonista di fronte alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale. Per questo motivo, ha esplicitato il ministro per il Sud e la Coesione territoriale, “l’autonomia differenziata deve essere condizionata ai LEP e al rispetto del principio di efficienza. Io credo – ha aggiunto Carfagna – che il processo di federalismo fiscale vada attuato e completato in una logica non di egoismi localistici, ma di solidarietà nazionale. Non sono contraria al federalismo fiscale e all’autonomia differenziata, a patto che questo non significhi penalizzare le aree più deboli del Paese, non solo il Mezzogiorno, ma anche le aree interne, di montagna e di confine“.
“In Italia – ha spiegato il ministro nella sua relazione – le persone non godono degli stessi diritti e dunque delle stesse prospettive per il futuro, ma sono fortemente condizionate dalla latitudine in cui sono nate o dove si trovano a vivere. Nascere al Sud è diventato una sorta di peccato originale che viene scontato con un minore accesso a servizi essenziali, come l’istruzione“. Da qui la necessità di agire rapidamente alla definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, che non possono “continuare a rimanere sulla carta”.
Il ministro Carfagna si sofferma quindi su un caso che definisce “paradigmatico”, quello degli asili nido: “vi sono aree del nostro territorio in cui il servizio nido non è affatto erogato, oppure è erogato ad un livello assolutamente insoddisfacente: il risultato è che in questi casi le famiglie e, in particolare, le donne sono costrette a rinunciare al lavoro oppure a gravarsi di ingenti spese, per fruire di servizi privati che comunque incidono pesantemente sul bilancio familiare”.
Carfagna annuncia quindi di essere al lavoro, insieme ai ministri di Istruzione, Pari Opportunità e Famiglia, Affari regionali e Autonomie, a “un progetto normativo che declini, innanzitutto, il LEP ‘asili nido’, nella sua dimensione percentuale e di qualità in tutto il territorio nazionale“, fino a raggiungere gradualmente la soglia fissata dall’UE del 33% di bambini sotto i 3 anni che hanno accesso a servizi per la prima infanzia in tutto il territorio nazionale. È un intervento che opererà in parallelo rispetto al piano sull’edilizia scolastica compreso nel PNRR e che verrà attuato “attraverso l’iniezione di risorse nel Fondo di solidarietà comunale che però, a differenza del generale meccanismo perequativo, operino verticalmente con destinazione specifica e vincolata in direzione del recupero del divario, rispetto al LEP prefissato dal legislatore statale. Senza penalizzazione alcuna per i comuni che oggi ricevono le risorse”. I tempi previsti per l’attuazione completa sono di 5-7 anni, con un costo a regime stimato in circa 800 milioni di euro.
“Un percorso analogo di definizione dei LEP va portato avanti con riguardo ai servizi sociali, in particolare sulle disabilità e le fragilità“, ha spiegato il ministro. “La spesa sociale del Sud è molto più bassa che nel resto d’Italia: 58 euro annui pro-capite contro una media nazionale di 124 euro”.
Anche in questo campo, d’intesa con i ministri di Lavoro e Politiche sociali e per la Disabilità, Carfagna lavora per “stabilire normativamente i LEP: penso al numero di assistenti sociali per abitanti, imponendo, senza ulteriori specificazioni, l’obiettivo di un assistente ogni 5.000 abitanti“. Contestualmente, occorre ‘mettere a sistema’ tutte le risorse disponibili, reperibili nei diversi fondi istituiti per finalità di ‘politiche sociali’, nonché nel fondo di solidarietà comunale. “Penso inoltre – ha aggiunto il ministro – a garantire ai Comuni adeguata copertura finanziaria e possibilità di derogare ai vincoli assunzionali per rispettare il LEP, anche in questo caso prevedendo un costante monitoraggio e condizionando l’erogazione dei finanziamenti al raggiungimento degli standard normativi che ci si è posti”.
Un ultimo monito è stato pronunciato dal ministro Carfagna in merito al Fondo di Sviluppo e Coesione, il quale – ha ricordato – serve a “ridurre i divari infrastrutturali, economici e sociali delle zone meno prospere d’Italia” ed è “utile quando è strumento addizionale e compensativo, non quando diviene un fondo cassa sostitutivo, utilizzato in modo estemporaneo per spese che non trovano altre fonti di copertura”.