«Un Comune non può avere una popolazione inferiore a 5.000 abitanti». Chiaro, secco, efficace. È il testo dell’articolo 1 della proposta di legge 3420, primo firmatario Emanuele Lodolini (Pd). Il documento, che rischia di produrre un’autentica rivoluzione nell’Italia degli 8.003 Comuni, dove ben 5.652 amministrazione hanno meno di cinquemila abitanti, è stata presentata a novembre alla Camera ed è stata celermente avviata alla prima commissione (Affari costituzionali) di Montecitorio.
Fusione o non fusione? Questo è il problema. Un problema che potrebbe essere risolto con una decisione calata dall’alto. Perché al di là di ogni campanilismo e logica amministrativa, si fa strada l’ipotesi di una fusione «d’imperio»: l’obbligo per tutti i Comuni con meno di 5mila abitanti di mettersi insieme. Nell’arco di due anni e senza diritto di scelta. Dura lex, sed lex.
E così centocinquanta sindaci, 450 persone tra primi cittadini, assessori e consiglieri appartenenti a tutti i piccoli comuni d’Italia era presente sabato a Volterra, alla manifestazione organizzata dall’associazione Comuni Dimenticati e dal portale di informazione Toscana agenziaimpress.it, dall’organizzazione delle farmacie rurali e da Legambiente Italia.
Luigi Sergio Ricca, sindaco di Bollengo e nel coordinamento dell’area omogenea della Città metropolitana era presente. E spiega: «Con questa manifestazione vogliamo far sentire la nostra voce al Governo, dicendo no alla proposta di legge Lodolini, no alle imposizioni camuffate per individuare la zona omogenea su cui partire per la gestione associata dei comuni. Invece diciamo si a cercare insieme aree per la gestione dei servizi senza dover necessariamente la fusione e la cancellazione del Comune – afferma Ricca – . I piccoli Comuni sono presidi del territorio, sono delle sentinelle, nessuno nega l’utilizzo delle nuove tecnologie ed innovazioni per migliorare i servizi che hanno una valenza in un’area più vasta. Un dato su tutti è emblematico a proposito dell’efficienza dei Piccoli comuni e viene dal ministero degli Interni, in cui i costi reali di una città da 100.000 abitanti è maggiore dei 58 comuni dell’area omogenea dell’eporediese, che arriva a 100.000 abitanti. Per questo motivo non abbiamo nulla da invidiare agli altri, perché guardiamo alla qualità nella gestione delle risorse e dei servizi offerti sul territorio, con la qualità della vita che è diversa anche grazie al rallentamento dell’inurbazione della nostra area». Gli amministratori, a Volterra, hanno condiviso un documento da presentare al governo. «Chiederemo maggior coerenza con quanto affermato dal Governo nel 2014 quando Renzi ha affermato che i problemi in Italia non sono nei piccoli comuni, la nostra raccomandazione è ora quella di fare qualcosa, ma non tanto per fare malamente, ma per migliorare la qualità della vita di tutti. Di tutti questi argomenti ne parleremo più approfonditamente all’assemblea sabato 9 aprile a Torino».