La Corte dei conti è stata audita dinanzi alla 14ª Commissione affari europei del Senato, con la presentazione del documento “I rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei Fondi europei” da parte di Giovanni Coppola, Presidente della Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali della Corte, che ha approfondito i temi legati all’attuazione della politica di coesione, co-finanziata dall’Italia secondo i principi dell’addizionalità e del partenariato.
“La politica di coesione” – osserva la Corte – “ è la più “lungimirante” tra le politiche europee perché si propone di “aiutare” a correggere gli squilibri di sviluppo tra regioni europee, nel quadro europeo più generale e all’interno di un singolo Paese (obiettivo convergenza) e di far crescere il capitale umano e la produttività (obiettivo competizione)”.
Vari gli aspetti trattati nell’elaborato, cui si rimanda. Di particolare significato alcuni passaggi “di sistema”:
“Al di là del dato prettamente numerico […] si evidenzia che, nonostante i vincoli imposti dalla regolamentazione della attuale Programmazione, permane ancora l’abitudine tipicamente italiana, (rispetto alle tendenze degli altri Paesi europei) di concentrare le certificazioni di spesa in prossimità della scadenza dei target prefissati e, soprattutto, di spendere “in qualsiasi modo”, al fine di utilizzare comunque le risorse, senza tuttavia focalizzarsi preventivamente su una programmazione efficace e sulla qualità dei progetti, che siano utili allo sviluppo del Paese. Così facendo, ed andando sempre “in emergenza”, ogni anno si correrà il rischio di cadere nel disimpegno automatico dei 6 fondi, compromettendo la possibilità, prevista dalla programmazione 2021-2027, di vedersi assegnato un ammontare di risorse finanziarie di importanza paragonabile a quello attuale, se non addirittura superiore.”
La Programmazione del ciclo di fondi europei 2007-2013 si è comunque chiusa con un “quasi totale assorbimento” delle risorse disponibili per l’Italiagrazie agli strumenti di flessibilità adottati, ma a un pagando un pedaggio. Risorse che avrebbero dovuto essere immesse nei territori entro il 2015, infatti, vedono la loro prospettiva di impiego slittare al 2019 o perfino al 2023, con quasi 15 miliardi di minori risorse effettivamente immesse nel sistema, a fine periodo, rispetto alla programmazione originaria.
In tal modo l’Italia conferma “persistenti difficoltà a dare concreta attuazione agli interventi di natura strutturale, oggetto di una programmazione tanto ambiziosa, quanto irrealistica”.
Di grande significato ed attualità il passaggio finale riservato dal Presidente Coppola all’emergenza sanitaria da Coronavirus:
“Un’ultima notazione attiene all’avvertita esigenza di convogliare tutte le risorse non utilizzate a valere sui SIE per l’emergenza sanitaria ed occupazionale per il COVID 19. Si tratta di cosa ben diversa rispetto all’utilizzazione dei fondi presenti sul MES, il cosiddetto Fondo Salvastati, poiché quest’ultimo è uno strumento di intervento prettamente finanziario per soccorrere gli Stati che manifestano una crisi del debito, mentre i SIE hanno una finalità diversa orientata allo sviluppo delle politiche economiche e sociali, alle quali si riconduce il profilo dell’”addizionalità” intesa nel senso di produrre “valore aggiunto” alle politiche comunque perseguite al livello nazionale, cui accede quello della condizionalità che circoscrive il perimetro di azione. Si è sottolineato nella stessa relazione annuale come la tendenza in una situazione di perdurante crisi economica e di scarsità di risorse sia divenuta quella di orientare l’utilizzo dei Fondi europei alla realizzazione delle stesse politiche nazionali, sminuendone le caratteristiche originarie di intervento aggiuntivo. Rimane pur sempre la logica, di mantenere nei contesti geoeconomici previsti e per le finalità di sviluppo le risorse provenienti dai Fondi e soprattutto le cosiddette risorse “liberate” e cioè riconosciute dall’UE con le modalità del rimborso. E’ quindi opportuno tener conto che l’utilizzazione per altre finalità, sia pure di indiscutibile rilevanza, comprensibile in un periodo connotato da un’emergenza assolutamente straordinaria, pone il problema di un ripristino in un periodo ragionevole del corretto orientamento dell’utilizzazione delle risorse europee. Ciò vale in particolare per la spesa sanitaria, che costituisce un impegno indefettibile e costante, mentre sul piano dell’occupazione va fatta una distinzione tra politiche attive (che rientrano negli obiettivi di sviluppo tanto da essere finanziate dal Fondo sociale europeo) e politiche passive (in sostanza gli ammortizzatori sociali) che come tali, non vi rientrerebbero. Ne costituisce riprova il diverso fondamento e la diversa finalità del “Fondo di solidarietà”, orientato proprio ad assicurare un aiuto a fronte di una situazione nazionale emergenziale.”