Abbiamo percepito sulla nostra pelle, noi cittadini italiani, di essere più poveri di quanto non fossimo negli anni ’90. Alcuni hanno vissuto drammaticamente la nuova condizione. Ma ora questa triste percezione ci viene confermata addirittura dal Fondo Monetario Internazionale. Secondo l’Article Iv, redatto dal prestigioso ente, gli italiani guadagnano in media meno di 20 anni fa, con i salari e la ricchezza della popolazione in età lavorativa scesi sotto i livelli del 1995, prima dell’ingresso nell’euro. “I redditi pro-capite torneranno ai livelli pre-crisi solo fra un decennio – aggiunge l’FMI – La quota degli italiani a rischio povertà è aumentata del 29%, con un picco del 44% al Sud. In questo quadro l’emigrazione dall’Italia resta elevata”.
Tutto ciò – chiariscono gli esperti di Washington – sebbene l’economia italiana stia sperimentando il ”terzo anno di moderata ripresa”. E anche se la ripresa è prevista continuare – sottolineano – ci sono ”significativi” fattori che potrebbero incidere negativa sul processo della crescita. Fra questi ”l’incertezza politica, possibili ostacoli al processo di riforma, fragilità finanziarie e una rivalutazione del rischio di credito durante la normalizzazione della politica monetaria”. Dopo il +0,9% del 2016, il Fmi prevede un pil al +1,3% per il 2017 e all’1,0% nel 2018.
Proseguendo nell’analisi delle dinamiche economiche del Belpaese, il FMI denuncia che la crescita lenta e la crisi hanno colpito soprattutto i lavoratori dipendenti e i giovani, fra i quali il tasso di disoccupazione riulta ”molto alto”, al 35%. Per questo motivo invita a migliorare la contrattazione salariale. ”Allineando i salari alla produzione per lavoratore a livello aziendale, invece che a livello nazionale si tradurrebbe in un aumento del 4% del numero degli impiegati”. Il Fmi prevede, comunque, un tasso di disoccupazione in calo all’11,4% nel 2017 e all’11,0% nel 2018.