L’Istat ha presenta i risultati delle elaborazioni eseguite sui dati finanziari provvisori relativi all’esercizio 2017 contenuti nei certificati del conto di bilancio (c.d. “armonizzati”) che gli enti locali (Comuni, Province e Città metropolitane) hanno trasmesso al Ministero dell’interno. Dal report si evince che ammontano a 81.701 milioni le entrate complessive accertate dei Comuni per l’esercizio finanziario 2017, lo 0,1% in meno rispetto all’anno precedente, mentre le entrate complessive riscosse sono pari a 75.855 milioni, lo 0,3% in meno rispetto al 2016.
Il valore delle spese totali impegnate dai Comuni è di 76.556 milioni di euro, in diminuzione del 3,2% rispetto al 2016. I pagamenti effettuati sono pari a 76.030 milioni di euro e aumentano dello 0,4%. Le spese correnti sono state “destinate per il 54,6% all’acquisto di beni e servizi e per il 25,6% ai redditi da lavoro dipendente, mentre la parte restante è formata dalle altre spese correnti”.
Il capitolo di spesa più consistente nei Comuni è l’acquisto di beni e servizi (38,3%).
Le entrate complessive accertate delle Province e delle Città metropolitane sono pari a 9.121 milioni di euro, il 5,0% in meno rispetto all’anno precedente, mentre le entrate complessive riscosse (8.975 milioni di euro) risultano in diminuzione rispetto all’esercizio precedente del 10,7%.
Tornando ai Comuni, i pagamenti correnti sono stati pari a più di 53,3 miliardi di euro e la capacità di spesa corrente ha toccato il 76,4% (+1,5 punti percentuali rispetto al 2016). Gli impegni di spesa corrente – rileva l’Istituto di statistica – hanno superato i 53,7 miliardi di euro (888 euro per abitante) con il valore più elevato nei Comuni raggiunto dalla Valle d’Aosta (1.737 euro) e quello più basso registrato in Puglia (685 euro).
L’incidenza delle spese per i redditi da lavoro dipendente è stata più alta nei Comuni della Sicilia (34,3%), e ha raggiunto il minimo in quelli della Sardegna (22,3%). L’incidenza delle spese per acquisto di beni e servizi ha toccato il livello massimo nei Comuni del Lazio (62,4%) e quello minimo, 39,1%, nei Comuni del Trentino-Alto Adige. A livello nazionale, il grado di autonomia finanziaria aumenta e raggiunge il 63,5%. Su scala regionale l’indicatore più elevato si registra nelle province dell’Emilia-Romagna (77,7%, +0,1 punti percentuali rispetto al 2016) mentre raggiunge il livello minimo in quelle del Friuli-Venezia Giulia (24,5%, -5,9 punti percentuali rispetto al 2016).