Non sono solo i contratti dei lavoratori della Pubblica Amministrazione, che non vengono rinnovati da quasi 7 anni, ma anche quelli del settore privato, per un totale di oltre 12 milioni di lavoratori, che attendono il rinnovo del contratto collettivo nazionale già scaduto o in scadenza nel corso del 2016.
Il primo è quello dei lavoratori metalmeccanici scaduto il 31 dicembre. Riguarda 1,5 milioni di lavoratori ed e’ ancora in stallo. Restano poi da rinnovare i contratti di settori importanti come il Tessile, l’Edilizia e quello dell’Editoria e delle Comunicazioni e in quest’ultimo settore è da rinnovare anche il contratto dei giornalisti. Secondo l’indagine fatta dall’Uil fra i 37 contratti scaduti nel 2015 ne sono stati rinnovati solo 8, mentre dei 21 ccnl scaduti nel 2016 ne sono stati rinnovati solo 5. Una situazione che conferma un generale malessere del mondo produttivo e che contribuisce a bloccare i consumi in un circolo vizioso che alimenta la deflazione.
I sindacati sono determinati a dare una scossa. A settembre Cgil, Cisl e Uil tireranno le fila dei diversi rinnovi e non si esclude il ricorso allo sciopero generale. Gli occhi sono puntati sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici che si intreccia con il confronto fra le confederazioni sindacali e Confindustria sul nuovo modello contrattuale. L’ipotesi sarebbe quella di chiudere il contratto dei metalmeccanici, e quelli già scaduti, con le vecchie regole, come hanno già fatto categorie importanti come i Chimici e gli Alimentaristi, e poi concentrarsi sul nuovo schema di contratti nazionali.
Si segnala comunque che nel mese di luglio c’è stata una tornata di contratti siglati, si sono infatti chiusi quelli del settore ottica (15.000 addetti), vetro (20.000 addetti), autonoleggio (10.000 addetti), le aziende del terziario che fanno parte di Confesercenti (400.000 addetti) e il contratto dei lavoratori delle aziende pubbliche del settore igiene ambientale (50.000 lavoratori). Gli aumenti ottenuti oscillano intorno ai 100 euro lordi spalmati in tre anni, ma la crescita delle retribuzioni contrattuali orarie è stata la più bassa mai registrata dall’Istat dall’inizio delle serie storiche cioè dal 1982.