Il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, nel corso dell’audizione sul Def nelle commissioni speciali di Camera e Senato, ha affermato che il quadro fornito dagli indicatori di benessere per il 2017 mostra diffusi miglioramenti, associati tuttavia all’aggravamento di alcune criticità soprattutto sul fronte della disuguaglianza e della povertà assoluta.
Nel 2017 infatti le persone in povertà assoluta sono state circa 5 milioni, distribuite in 1,1 milioni di famiglie. Si tratta l’8,3% sul totale della popolazione residente. L’aumento è evidente se si considera che nel 2016 era del 7,9% e nel 2008 del 3,9%. ”La ripresa dell’inflazione nel 2017 spiega circa la metà (tre decimi di punto percentuale) dell’incremento dell’incidenza della povertà assoluta”, osserva l’Istat.
Mentre la restante parte, secondo l’Istituto di statistica, ”deriva dal peggioramento della capacità di spesa di molte famiglie che sono scese sotto la soglia di povertà”. Complessivamente, si stima che lo scorso anno fossero in povertà assoluta 154mila famiglie e 261mila individui in più rispetto al 2016. Dal punto di vista territoriale, i dati provvisori mostrano aumenti nel Mezzogiorno e nel Nord, e una diminuzione al Centro. L’aumento delle famiglie in povertà assoluta è, inoltre, ”sintesi di una diminuzione in quelle in cui la persona di riferimento è occupata, e di un aumento in quelle in altra condizione”, aggiunge l’Istat.
Secondo il presidente dell’Istat, nel 2017 ”si stimano 1,1 milioni di famiglie in cui tutti i componenti appartenenti alle forze di lavoro sono in cerca di occupazione (4 famiglie su 100) e non percepiscono quindi redditi da lavoro (erano 535mila nel 2008)”. Di queste, più della metà (il 56,1%) è residente nel Mezzogiorno. L’incidenza di queste famiglie è decisamente più bassa al Nord (circa 2 ogni 100, rispetto a 7 su 100 nel Mezzogiorno).
Nel 2017 i giovani tra i 15 e i 34 anni occupati sono aumentati dello 0,9% rispetto all’anno precedente (+45mila, +1,0% gli uomini e +0,7% le donne). L’occupazione giovanile, evidenzia l’Istituto di statistica, ”si caratterizza sempre di più per un’elevata incidenza di lavoratori a termine, che costituiscono circa un terzo dei lavoratori alle dipendenze e il 28,2% del totale dell’occupazione giovanile (31,1% per le donne)”. Rispetto al 2008, l’incidenza del lavoro a termine per i giovani ”è aumentata di nove punti percentuali, a fronte di un aumento più contenuto sul totale 10 dell’occupazione (+1,9 punti)”.