La gestione dell’innovazione digitale oggi è una delle priorità per il business delle imprese italiane. Questi i risultati della ricerca dell’Osservatorio Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano, presentata insieme all’Osservatorio Startup Intelligence in collaborazione con PoliHub ieri al convegno ‘Open Digital Innovation: imprese e startup insieme per ridisegnare il futuro’. La ricerca ha intervistato 205 tra chief information officer e chief innovation officer di aziende italiane e pubbliche amministrazioni per comprendere l’evoluzione della gestione dell’innovazione digitale.
I dati indicati durante il convegno evidenziano la tenuta del budget Ict che nel 2017 prevede un tasso di crescita complessivo in linea con il 2016, tra lo 0,5% e lo 0,6%, con investimenti concentrati in particolare su sistemi Erp, big data e analytics–business intelligence, digitalizzazione e dematerializzazione. Lo conferma il fatto che nel 39% delle imprese sia presente un ulteriore budget per l’innovazione digitale anche in altre direzioni, nell’8% dei casi comparabile o superiore a quello della direzione Ict.
Aumenta l’interesse verso l’innovazione aperta in azienda, guardando oltre le fonti più tradizionali, come fornitori Ict e società di consulenza, in particolare verso l’ecosistema delle startup. Tuttavia il 45% delle imprese non ha ancora intrapreso alcuna iniziativa di Open Innovation, mentre solo il 35% si sta già muovendo attraverso collaborazioni con università e centri di ricerca, il 20% ha realizzato partner scouting su aziende consolidate e il 18% ha sviluppato progetti di startup intelligence.
Appena il 30% delle imprese italiane ha collaborazioni attive con startup come fornitori, che dimostrano di portare, come principale beneficio, apertura culturale e contaminazione nell’organizzazione.
“Le previsioni del budget Ict delle imprese italiane mostrano un quadro più ottimistico di quello degli anni precedenti -afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Digital Transformation Academy- a cui si aggiunge la presenza di budget dedicati all’innovazione digitale in altre direzioni, che dimostra come il digitale non sia più inteso come un elemento tecnico-specialistico, ma una leva fondamentale del business. A questo accresciuto ruolo dell’innovazione digitale si associa la creazione di unità organizzative dedicate, processo che incontra però sfide culturali interne alle imprese, legate alla rigidità dei processi e chiusura in silos dei ruoli e delle competenze”.
“Le imprese ricercano modelli più agili e una cultura più aperta e sperimentale per affrontare le iniziative più innovative e per contrastare i fenomeni della digital disruption -sostiene Stefano Mainetti, responsabile scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence- Startup, centri di ricerca, università e clienti sono le principali fonti di innovazioni a cui i manager guardano per il futuro. Ciononostante, la strada è ancora lunga e non sono molte le imprese che hanno intrapreso azioni concrete e non estemporanee di Open Innovation”.
Il budget Ict tiene nelle previsioni 2017, con un aumento per oltre il 30% delle imprese e un tasso di crescita complessivo in linea con il 2016, tra lo 0,5% e lo 0,6%. Nel 2016 aumenta la percentuale di investimenti in innovazione rispetto alla spesa corrente (che scende al 66% del budget Ict). A trainare la crescita sono soprattutto le grandi imprese, mentre nelle grandissime prevale ancora l’effetto della razionalizzazione e del consolidamento. Il principale ambito di investimento ICT delle imprese italiane, con il 46% delle preferenze, è il consolidamento delle applicazioni, lo sviluppo e il rinnovamento dei sistemi ERP.
Al secondo posto quello di business intelligence, big data e analytics, ritenuto prioritario dal 39% delle aziende, a pari merito con la digitalizzazione e dematerializzazione. Seguono a distanza, con il 27% delle preferenze, lo sviluppo e rinnovamento dei sistemi CRM, e con il 22%, le soluzioni di eCommerce (tra cui mobile commerce, web social commerce, mobile payment) e quelle di mobile business, attraverso smartphone, tablet, wearable device e app a supporto dei processi di Business.
A fronte dell’entusiasmo e delle misure annunciate verso l’Industria 4.0, si segnala la crescita di investimenti in smart manufacturing e Internet of Things, che insieme raccolgono il 17% delle scelte. La gestione dell’Innovazione Digitale è ancora un processo faticoso per le imprese e le cause sono principalmente interne alle organizzazioni. La principale sfida da affrontare, per il 58% delle imprese intervistate, è la difficoltà di inquadrare processi e meccanismi di coordinamento e cooperazione tra le Direzioni, seguita dalla mancanza di competenze digitali e i relativi meccanismi di scouting, assessment e sviluppo all’interno dell’organizzazione, per il 51%.
Ma le risposte organizzative sono ancora limitate: solo nel 19% dei casi esiste una direzione Innovazione, mentre la maggior parte delle imprese adotta team dedicati a ogni specifico progetto (40%) o una gestione occasionale (31%), nel 10% è presente un Comitato Innovazione interfunzionale che si riunisce periodicamente. Dove presente, la direzione Innovazione svolge attività soprattutto di sperimentatore per la valutazione delle opportunità, lo sviluppo di proof of concept e scouting di innovazione, mentre è limitato il ruolo nella conduzione dei progetti, nella gestione diretta di budget, nella sensibilizzazione e nella contaminazione in azienda.
Cresce l’interesse verso l’Open Innovation tra i manager delle imprese italiane: il processo di innovazione diventa più agile, interattivo e aperto ad attori esterni che comprendono non solo i tradizionali fornitori di tecnologie e servizi Ict ma anche startup, centri di ricerca, clienti guida e persino concorrenti. Le principali fonti di innovazione negli ultimi 3 anni però sono ancora piuttosto tradizionali: i vendor e i sourcer di tecnologie (40%), le linee di Business (38%), i clienti esterni (29%) e le società di consulenza (26%). Nelle previsioni per i prossimi 3 anni, queste fonti sono quasi tutte in calo, anche in modo significativo come vendor-sourcer e società di consulenza (rispettivamente -28% e -29%), mentre ne emergono altre fino a oggi di minor impatto: le Unità interne di ricerca (+26%), le università e i centri di ricerca (+40%), i clienti (+18%), le aziende di altri settori (41%) e soprattutto le startup, che passano dal 4% al 16% nelle preferenze.
All’interesse nei confronti dell’Open Innovation non corrispondono ancora azioni concrete diffuse. Il 45% delle imprese non ha ancora intrapreso alcuna iniziativa di Open Innovation, mentre il 35% si sta muovendo attraverso collaborazioni con università e centri di ricerca, il 20% realizza partner scouting su aziende consolidate e il 18% sviluppa progetti di startup intelligence. solo l’11% ha realizzato call4ideas, il 9% ha sperimentato hackathon, il 7% acquisizioni.
Il 70% delle aziende intervistate non ha ancora collaborato con una startup come fornitore, principalmente per mancanza di risorse e di condizioni che permettano di focalizzare l’interesse su questa fonte di innovazione/servizi (68%) o per la mancata strutturazione e preparazione da parte delle funzioni aziendali interne (54%). Solo il 30% dei rispondenti ha collaborazioni attive con startup come fornitori; nel caso di grandissime imprese la percentuale di risposte è del 46%, per le medie imprese e le grandi il dato si assesta al 22%.
I benefici principali di avere startup come fornitori sono, per il 57% delle imprese che ne fa uso, l’apertura culturale in azienda e la contaminazione continua utile per rivedere i modelli di gestione. E’ importante anche lo sfruttamento dell’innovazione per il lancio di nuovi prodotti/servizi innovativi e l’apertura di nuovi mercati (55%), la riduzione del time to market e l’accelerazione del processo di sviluppo tramite esternalizzazione di parte dello stesso (45%). Ed è significativo il contributo del coordinamento semplice grazie alla struttura organizzativa, snella e flessibile, delle startup (41%).
Ma le imprese che adottano startup come fornitori incontrano anche delle difficoltà. Spesso la cultura interna non è abbastanza ‘aperta’ (40%), oppure la startup non è abbastanza matura alla finalizzazione del servizio (34%) o c’è uno scarso orientamento al B2B (22%).
“Sono poche le imprese -rileva Alessandra Luksch, direttore degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence- che hanno utilizzato startup come fornitori, ma questa collaborazione può dare consistenti frutti come dimostrano le esperienze delle 24 imprese salite a bordo dell’Osservatorio Startup Intelligence. Non si tratta solo di ottenere risultati di business tangibili velocemente, spesso a bassissimi costi, con fornitori innovativi, veloci e flessibili, ma di trovare un nuovo entusiasmo da parte dei propri collaboratori nel condurre i processi di innovazione e nel rendersi promotori e imprenditori di soluzioni innovative”.