“Il tentativo di creare economie di scala tra i Comuni, favorendone unioni e fusioni, è fenomeno incompiuto che incontra notevoli resistenze e riserve”. Lo afferma la Corte dei Conti, evidenziando in audizione alla Camera che “per le unioni solo il 30% dei Comuni con meno di 5.000 abitanti ha associato le funzioni fondamentali”. Su un universo di 8.059 Comuni, nel 2014 le unioni sono state 444 (relative a 1.735 Comuni con meno di 5.000 abitanti e a 535 con più di 5.000 abitanti) e le fusioni 24 (relative a 57 Comuni).
Rispetto al 2013, gli incrementi più significativi del numero delle unioni si sono verificati in Piemonte (con l’istituzione di 12 nuovi enti), in Lombardia (6 nuovi enti), in Veneto e in Emilia Romagna (11 nuovi enti) e in Abruzzo (1 nuovo ente). Le Regioni con la maggiore concentrazione sono il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Sardegna e la Sicilia. Dall’osservazione dell’andamento della spesa corrente nei piccoli Comuni sotto 5.000 abitanti, la Corte rileva nell’arco del quadriennio 2011-2014 un incremento che oscilla tra il 2% e il 3% negli anni 2012-2013 e un decremento nell’esercizio 2014, tale da riportare sostanzialmente il livello a quello registrato nel 2011