La Corte costituzionale, con la sentenza n. 155 del 2025 (pres. Amoroso, rel. Patroni Griffi), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Como sugli articoli 5 e 12 della legge n. 40 del 2004 in materia di procreazione medicalmente assistita (PMA).
Il caso riguardava una coppia oggi formata da due donne: una delle quali, prima della rettificazione di sesso, aveva crioconservato il proprio seme, utilizzato poi per una fecondazione omologa con l’ovulo della partner. Dalla procedura, eseguita all’estero, erano nate due bambine. La madre biologica aveva chiesto di riconoscere come genitore (o padre) la persona che aveva fornito il gamete maschile, oggi divenuta donna.
Il Tribunale comasco aveva rimesso la questione alla Consulta, sostenendo che il divieto di accesso alla PMA per le coppie dello stesso sesso ostacolasse anche il riconoscimento della paternità biologica del genitore transgender, in violazione di numerosi principi costituzionali e internazionali (artt. 2, 3, 31, 32 e 117 Cost., oltre a CEDU e Convenzioni ONU).
La Corte costituzionale ha però ritenuto che il problema sollevato dal Tribunale fosse mal posto. Secondo i giudici costituzionali, la questione non riguarda l’accesso alla PMA – regolato dagli artt. 5 e 12 della legge n. 40 – ma il riconoscimento di filiazione, disciplinato invece dagli artt. 250 e 269 del codice civile.
La Corte ha sottolineato che, per dichiarare la paternità, è sufficiente accertare il legame biologico tra il genitore e il figlio, indipendentemente dal successivo mutamento di sesso. La legge n. 40 del 2004, che limita l’accesso alla PMA alle coppie eterosessuali, non incide su questo accertamento.
Pertanto, la Consulta ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, invitando implicitamente i giudici di merito a fondare l’eventuale riconoscimento sulla discendenza genetica, non sulle norme relative all’accesso alla PMA.
La decisione si colloca nel solco della recente giurisprudenza costituzionale (sentt. n. 68/2025, n. 230/2020, n. 221/2019), che distingue tra diritto alla genitorialità e tutela dello status del minore, confermando il principio della certezza del legame biologico come fondamento del riconoscimento di filiazione.
Fonte: Corte Costituzionale