L’Italia presenta la percentuale più bassa di assenteismo a livello europeo. Almeno per quanto riguarda i dipendenti delle aziende private. È solo uno dei dati che emergono dall’ottava edizione del Barometro sull’Assenteismo, il Coinvolgimento e la Motivazione dei dipendenti condotta da Ayming a livello europeo (Italia, Francia, Benelux, Regno Unito, Germania, Spagna e Portogallo i Paesi coinvolti).
Se a Siracusa un blitz della Gdf contro 29 dipendenti assenteisti del Libero Consorzio comunale riaccende i riflettori sui cosiddetti furbetti del cartellino della pubblica amministrazione, nelle aziende private il trend appare quindi decisamente opposto: in Italia il tasso di assenteismo tra i dipendenti non supera il 5,49% collocando il Paese ai piani bassi della classifica e abbondantemente dopo Spagna, al 6%, Portogallo, al 6,21% e Francia al 7%. A monitorare l’andamento delle presenze sul lavoro è un’indagine della Amyng che ha presentato i risultati dell’8^ edizione del Barometro sull’assenteismo, un’indagine che ha coinvolto le aziende tra i 9 ed i mille dipendenti dei maggiori paesi europei, nei settori dell’edilizia, commercio, industria sanità e servizi e intervistato complessivamente oltre 3 mila lavoratori di cui 500 in Italia.
Un dato, quello del 5,49% che, si legge nel rapporto, si differenzia in modo importante in funzione della dimensione dell’azienda: da una percentuale minima dell’1,28% per imprese tra i 20 ed i 50 lavoratori fino ad un massimo dell’8% per aziende che impiegano dai 250 a 499 dipendenti. L’assenteismo comunque impatta in modo significativo dal punto di vista economico: lo studio infatti stima che 1 punto percentuale del tasso di assenteismo generi un costo variabile pari ad un range tra lo 0,3% e l’1,87% del totale della retribuzione dei collaboratori. A condizionare la scelta di assentarsi dal lavoro, comunque, soprattutto le condizioni di vita all’interno dell’azienda: il ‘clima’ infatti, spiega ancora l’indagine, rappresenta il 55% delle cause di assenza dei dipendenti a livello europeo.
Confrontare l’assenteismo tra diversi Paesi europei non è semplice, perché – si sottolinea nel report – c’è poca uniformità da parte dei responsabili delle Risorse umane nella definizione del termine “assenteismo” e nell’indicare quali tipologie di “assenza” dovrebbero rientrare sotto questa voce. Ad esempio, alla domanda “Quale tipologia di assenza considerate nel calcolare il tasso di assenteismo?”, quasi il 100% del campione di aziende italiane intervistate considera parte del fenomeno, oltre alle assenze ingiustificate, anche quelle per malattia personale/professionale, incidenti sul lavoro/infortunio e congedo maternità/paternità. Questo dato è il riflesso di un orientamento culturale secondo il quale l’assenza del collaboratore, a prescindere dalla motivazione, viene percepita e valutata dall’azienda in modo negativo. Rispetto ad altri Paesi europei ad esempio, l’abitudine italiana di considerare i congedi parentali come legati al concetto di “assenteismo” riflette una cultura in cui la genitorialità dei collaboratori è ancora lontana dall’essere percepita come un valore, quanto piuttosto rappresenta un rallentamento organizzativo e, nei casi più eclatanti, un ostacolo allo sviluppo professionale e alla carriera.